Samarcanda invece come nacque?
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Vecchioni: “Quella volta che mi circondarono le prostitute. Sanremo? Capii di vincerlo…”
«Lessi un articolo di Antonio Ghirelli sul Giro d’Italia: “Francesco Moser ha trovato la sua fine a Samarcanda”. Non capii. La cosa mi incuriosì. Mio fratello mi mise in mano un libro, “Appointment in Samarra”, di John O’Hara. Non c’entrava nulla, era una storia d’amore. Ma nel frontespizio si citava una commedia di Somerset Maugham. Era più o meno la storia della canzone».
Perché più o meno?
«Il protagonista non era un soldato, ma un servo, cui il padrone tentava di salvare la vita. Ma l’originale è nel Talmud babilonese. Il re Salomone vede l’angelo della morte, lo trova triste, gli chiede perché. Lui risponde: “Devo portare via due persone, due tuoi servitori, e non li trovo”. Salomone fornisce ai servi due cavalli e li invita a scappare, nella città di Luz: dove però li attende la morte. Il giorno dopo, Salomone ritrova l’angelo, tutto allegro: “Grazie per aver mandato i tuoi servitori nella città in cui li aspettavo”. Una storia ripresa anche da Jean Cocteau, il poeta, e da Borges».
Ma nella sua canzone la morte parla con il soldato, non con il re.
«È una variante che ho trovato in Oriana Fallaci».
Lei aggiunse «Oh oh cavallo!».
«Quello è successo in macchina. Composi Samarcanda in autostrada, tra Milano e Bologna».
E come la scrisse?
«Non la scrissi, la cantai. Ho spesso composto canzoni in auto, mandandole a memoria: quando ho timore di perdere qualcosa, freno, accosto, e scrivo. Quel giorno, uscito dal casello, un tale davanti a me frenò di colpo. D’istinto gridai: “Oh, coglione!”. Ma subito divenne “oh, cavallo!”».
Molti pensarono a una favola per bambini, invece era una canzone sull’ineluttabilità della morte.
«Non sull’ineluttabilità; tutti sappiamo di dover morire. Quella semmai è Viola d’inverno: “Arriverà che fumo, o che do l’acqua ai fiori, o che ti ho appena detto: scendo, porto il cane fuori…”. Samarcanda è una canzone sulla perversità della morte. La sua cattiveria. Ispirata a mio padre Aldo. Proprio quando pareva guarito dal cancro, si aggravò all’improvviso, e morì».
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