Un rapporto speciale il vostro.
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Bagni: “Dopo la morte di mio figlio mi feci sterilizzare. Rubarono la bara e io…”
«Arriviamo a Napoli insieme, nel 1984. Alloggiavamo nello stesso hotel. Io insieme a mia moglie, lui con altre 10 o 15 persone. Eravamo agli opposti, a me non piaceva uscire la sera. Ma fra noi la stima fu immediata perché lo trattavo da Diego e non da Maradona. Se avevo qualcosa da dirgli, glielo dicevo. Abbiamo passato nottate intere a discutere di cose che gli scottavano».
Per lei si sarebbe trasferito a Cesenatico.
«Per 30 anni è venuto a casa nostra, si fermava per almeno 15 giorni portandosi dietro una decina di amici. Andava a giocare a golf, solo che aveva i suoi orari. Si svegliava alle 12, faceva colazione, andava al campo e pranzava alle 15. Un giorno gli andai a parlare. "Guarda Diego che questo non è un albergo, si mangia alle 12.30 e alle 19.30". Lo capì, bastava dirgliele le cose».
Un altro aneddoto?
«Nel 2005 si opera allo stomaco a Cartagena. Lo invito, si ferma a casa mia per un mese e mezzo: "Diego, perché non vieni con me alla scuola calcio?", gli chiedo. Era sempre al campo, mattina e sera. Voleva vincere contro tutti, l'idraulico, il panettiere... non l'avevo mai visto così felice e in forma, neanche da calciatore».
Che rapporto aveva con i suoi figli?
«Ha fatto di tutto per loro. Si metteva a palleggiare in casa con Gianluca e lo sfidava in giardino a chi centrasse più traverse. Per il diciottesimo compleanno di mia figlia Elisabetta prese un aereo dall'Argentina, piombando a casa a sorpresa e lasciando di stucco il suo fidanzato, che era grande tifoso del Napoli. Custodisco 30 ore di filmati con Diego, non li venderei per nessuna cifra al mondo».
Al Mondiale di Messico '86 lo marcò.
«Prima della partita con l'Argentina il c.t Bearzot ci chiese chi se la sentiva di difendere su Maradona. Tutti in silenzio, solo io alzai la mano. Mi conosceva, mi avrebbe rispettato. E infatti mi rispettò, salvandomi anche da un cartellino rosso. Entrai male sul portiere, Pumpido, direttamente sullo stomaco. Ne scaturì una zuffa, lui mi allontanò. "Stai calmo Salvatore, hai ancora mezzo torneo da giocare"».
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