Sul lavoro?
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Caressa: “Adani mi fa un baffo! Non sono uno tranquillo, ho iniziato ad andare in terapia per…”
“Qualsiasi cosa faccia. Da ragazzo, prima delle interrogazioni, provavo le domande davanti allo specchio”.
In che famiglia è cresciuto?
“Borghese. Abitavamo in via Guido Reni, al Flaminio, a Roma”.
Vicinissimo all’Olimpico.
“Dal balcone di casa potevamo scorgere il tabellone della curva Nord che segnava il risultato, sapevamo dei gol prima di Tutto il calcio minuto per minuto che trasmetteva soltanto i secondi tempi”.
I suoi vi hanno spronato a dare sempre il meglio?
“Abbastanza. Papà prima è stato ufficiale dell’Aeronautica, poi si è messo in proprio, ha cominciato a lavorare con i computer, sviluppava i sistema Zucchetti per i commercialisti, anche se in realtà avrebbe voluto fare il musicista jazz. Mamma invece ha sempre fatto la casalinga”.
Aveva dei modelli?
“Ho capito che volevo fare questo mestiere quando ho visto una diretta di Mino Damato dalla Cambogia. Per un po’ ho pensato di fare l’inviato di guerra”.
A che età inizia a fare il giornalista sportivo?
“A 19 anni a Teleroma 56”.
La tv dei radicali?
“Sì, facevano i fili diretti con gli ascoltatori. Una grande scuola”.
Ha conosciuto Pannella?
“L’avrò visto cinque volte. Emanava un’aura incredibile”.

Come ci arriva?
“Mio padre vide su Teleroma 56 la pubblicità del primo corso di giornalismo Michele Plastino, Il Piccolo Gruppo, e m’iscrisse”.
Dove si teneva?
“Negli uffici di Plastino, Hobby Sport, in Largo della Fontanella di Borghese”.
Fu assunto?
“Alla fine del corso Plastino mi disse che aveva avuto una visione: ovvero che un giorno avrei fatto una trasmissione la domenica sera che non c’era ancora”.
Il Club di Sky.
(Ride). “Mi affidò la conduzione di Goldmania, una trasmissione su Canale 66, la sorella minore di Teleroma 56. Non ci vedeva nessuno”.
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