«Penso che Paul avesse una necessità emotiva importante di fare questo film. Ma ha voluto dire molto anche per me, mi ha toccato nel profondo», racconta Richard Gere a 7. L’attore ha poi proseguito: «Io e Paul siamo molto legati, anche se non ci vediamo spesso. Credo che American Gigolo ci abbia davvero unito per sempre. Ci eravamo incontrati in occasione di un premio e mi ha accennato che stava pensando al progetto. Ammiro Russell Banks ma non conoscevo questo romanzo. Paul aveva già fatto un film da Affliction, sapevo sarebbe stato speciale. Ho letto la sceneggiatura e l’ho trovata bellissima. Mio padre era morto poco tempo prima, un mese prima di compiere 101 anni. Abitava con me, ormai stava in sedia a rotelle, alle prese con le difficoltà quotidiane, alternava momenti di lucidità a altri in cui sembrava separarsi dal suo corpo, con diversi livelli di coscienza: il passato che si confondeva con il presente. Ero ancora in lutto per lui, carico del dolore, della memoria di quel passaggio. La lettura delle pagine di Paul mi ha fatto riflettere molto su come conserviamo l’essenza dei nostri cari, come la teniamo viva. Ho pensato al mio futuro, ai miei affetti, ai miei figli. Triste e tenero allo stesso tempo. Emotivamente molto forte».
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