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Facchinetti: “Alcuni agenti mi fanno la guerra, io sogno Leao. Mio papà sa che…”

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Francesco Facchinetti da poche settimane è diventato ufficialmente agente FIFA e racconta la nascita della sua Alì Sport Agency

Francesco Facchinetti è diventato da qualche settimana agente FIFA. Facchinetti ha deciso di avviare un'agenzia, la Alí Sports Agency, per cercare di entrare ancora di più nel mondo del calcio, come raccontato dallo stesso DJ al Corriere della Sera:

«Rappresenta la fusione degli interessi di Epic Sports, la società di procuratori che fa capo ad Ali Barat e della mia Newco Management, la più grande agenzia italiana di management di artisti».

Perché si è avvicinato al calcio?

«È un viaggio che parte da lontano, iniziato sei anni fa. Nonostante le apparenze, essendo metà bergamasco e metà brianzolo, sono una persona estremamente concreta. Ho cominciato occupandomi dei diritti di immagine di Brozovic e Milinkovic-Savic».

Qual è il suo apporto?

«Nel caso di Brozo ho contribuito a creare il personaggio simpatico, amato dalla gente, dai post esilaranti sui social. Su Milinkovic ho enfatizzato il suo lato da leader, il sergente. I giocatori devono metterci i contenuti, con le prestazioni. Io mi occupo solo di alzare il volume».

Che approccio porta dal mondo dello spettacolo?

«Il calciatore è un artista, e come tale è concentrato a perseguire la sua arte come unico obiettivo. Perciò se per lo stress scivola in alcuni comportamenti proibiti, come nell’ultimo periodo abbiamo visto, io parto dal presupposto che il manager sia responsabile. Nel mondo della musica se io faccio firmare un artista con Warner e poi è un flop, la colpa è anche mia. Nel calcio sembra sempre che non sia colpa di nessuno».

Come l’hanno accolta gli altri agenti?

«Alcuni mi hanno fatto la guerra. Hanno difeso il territorio e io sono ingombrante. Ecco perché lavoro meglio all’estero anche se personaggi come Perinetti e Corvino mi hanno dato ripetizioni».

In che senso le hanno fatto la guerra?

«Le dico solo che alla mia festa c’era qualche procuratore che ha dato il biglietto da visita ai miei assistiti. Un disperato».

Il giocatore che sogna nella sua scuderia?

«Amo Leao, un giocatore pazzesco. Sa perché? Gioca ridendo, è felice. Poi è appassionato di musica, ha un grande brand da vendere».

Suo papà come ha accolto l’incursione nel calcio?

«Lui sa che sono iperattivo, sognatore, startupper nato. Negli ultimi sei anni mi ha osservato da lontano, poi quando a settembre ho superato l’esame di agente Fifa ed è arrivato il patentino e di recente ho lanciato Alí ha capito che stavo facendo sul serio».

Meglio una scuderia nutrita o pochi campioni?

«Meglio pochi forti, con una grande struttura a supporto. Sa quante persone lavorano per i Pooh? Cento. Dobbiamo trasportare questa mentalità nel calcio, dove uno staff di professionisti cura il singolo artista. Ora cerco in Italia la mia pepita».


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