Dagli inizi raccontando barzellette sui treni alle platee di tutta Italia. A La Stampa, Enrico Brignano ha raccontato il suo percorso
Dagli inizi raccontando barzellette sui treni alle platee di tutta Italia. Nel corso di un'intervista rilasciata a La Stampa, Enrico Brignano ha raccontato il suo percorso:
Fatale fu quel treno locale che prendeva da ragazzino per andare a scuola, non è così che è cominciata?
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«Per cinque anni ho frequentato un istituto tecnico industriale e tutti i giorni viaggiavo da Dragona a Tor Marancia, dov’era la scuola. Ero sì portato per le materie tecniche ma avevo anche la capacità di ricordare un po’ di storia e a forza di copiare imparavo qualcosa. In treno, dopo il secondo o terzo anno, ho sentito una forte necessità di esibirmi e ho cominciato a raccontare barzellette agli altri passeggeri, che dopo un po’, siccome erano sempre quelli, hanno preso a chiedermele. È stato un segno del destino».
La decisione di darsi al teatro com’è nata?
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«Finita la scuola, ho visto un’ospitata di Gigi Proietti con i suoi allievi in tv e quel pomeriggio fu galeotto, perché da allora è partito tutto e ho deciso di fare l’attore».
Che rapporto ha con il politically correct? Un attore comico deve avere il senso del limite o far ridere è un obiettivo che si può raggiungere a qualsiasi costo?
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«La censura è sempre un ostacolo di qualsiasi tipo sia, lo è stato nell’antica Roma, con i Principati, con la Chiesa, col fascismo, e anche il politicamente corretto a modo suo è una censura delle parole. Il comico dovrebbe godere di una sorta di licenza poetica, ma senza andare troppo oltre. Credo che quando fai satira e fai ridere anche la vittima, allora hai fatto un buon lavoro, hai messo il dito nella piaga ma senza fare male a nessuno. Sta al comico trovare la strada per far ridere comunque».