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Geppi Cucciari: “Tifo Cagliari, spero si salvi. Vorrei giocare ancora a basket e…”

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La conduttrice di «Splendida cornice» aggiunge: "Se ospito Federica Pellegrini? Perché no? Ha avuto grande successo"
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Intervenuta ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, Geppi Cucciari, conduttrice televisiva, ha parlato anche di calcio e di sport.

Lei col calcio come è messa?

«Mah... Sono rimasta ai tempi di Gigi Riva, un mito assoluto. Tifo Cagliari. Questo è chiaro. Sono sarda e amo la mia regione, il mio territorio. È molto importante che il Cagliari sia tornato in serie A, grazie anche a Claudio Ranieri. Dà tantissimo alla città. Spero che riesca a salvarsi».

Giochiamo: mi dica i nomi di cinque calciatori che ricorda.

«Bisoli, prima di tutto, Matteoli, Pancaro, Chiti e Nainggolan. Tutta gente che ha giocato nel Cagliari. Ma le diro di più: è gente che era attaccata alla maglia, amo quelli».

Ora uno di quelli attuali.

«Facile Barella. Lo apprezzo molto, è di Cagliari, è legato al Cagliari, ed è fortissimo».

Torniamo a Pierpaolo Bisoli, oggi allenatore del Südtirol in serie B. Lo ha citato per primo. Perché?

«Perché quando giocavo a basket in A2 alla Virtus se il sabato o la domenica si vinceva, il martedì il nostro allenatore Beppe Muscas ci faceva giocare a calcetto. Un modo per saltare l’allenamento... Io mi credevo Bisoli perché diciamo che ero molto aggressiva in marcatura».

Il basket occupa una parte fondamentale della sua vita.

«Le mie più care amiche Stefania Cinus e Lucia Sechi vivono a Milano come me. Lucia era la mia compagna di banco a Macomer e giocavamo nella squadra delle Pleiadi, Stefania al San Salvatore di Selargius. Abbiamo passato una vita insieme ed è bello che ancora adesso ci possiamo ritrovare insieme. Anche se Stefania un po’ mi ha tradita perché si è data alle maratone. Invece io sono ancora fissata. Anzi, approfitto di questo spazio sulla Gazzetta per dire che voglio giocare, voglio allenarmi, vorrei una squadra in cui poter continuare a fare basket. Mi manca troppo. In palestra guardo l’orologio per vedere quando finisco il mio programma. Al campo di basket non succede. Non capitava neppure quando il mio allenatore Gigi Usai non mi faceva andare a far la doccia se non avevo segnato un certo numero di tiri liberi di fila. Il basket è imprevedibile, si crea una magia».

Ci siamo: oggi comincia il campionato di basket, anche quello femminile. Lei ha una squadra del cuore: la Dinamo Banco di Sardegna di Sassari di cui è la madrina.

Un rapporto splendido col presidente Sardara, il gm Pasquini, due uomini miracolosi, il club che ha tre squadre nei massimi campionati: maschile, femminile e basket in carrozzina. Tutte e tre fanno le coppe. Seguo la Dinamo dai tempi in cui il leader era Emanuele Rotondo. Oggi ammiro l’esempio di Jack Devecchi che si è appena ritirato e di Stefano Gentile. Bandiere. La Dinamo è fonte di gioia, è angoscia, è orgoglio. Sono andata anche a Wurzburg per la finale di Fiba Europe Cup vinta nel 2020. E sono felice che due sardi come Marco Spissu e Gigi Datome siano stati tra i 12 della Nazionale all’ultimo Mondiale. Un grande orgoglio».

Con Datome potete vedervi anche a Milano.

«Infatti, se si riesce, succede. È venuto a trovarmi a teatro con la sua compagna Chiara Pastore, pure lei ex giocatrice di basket».

Col suo compagno di trasmissione Giorgio Lauro, tifosissimo dell’Olimpia, vi beccate spesso.

«Divertente. Ma mai mancare di rispetto a Milano e a Bologna, grandi avversarie. Sono realtà diverse. C’è una sola parola che conta: budget. Il loro è spropositato rispetto a quello di Sassari».

Domanda rapida... Marcell Jacobs o Gimbo Tamberi?

«Dico Tamberi perché con Gimbo siamo testimonial dell’Airc (l’Associazione italiana per la Ricerca sul Cancro). Abbiamo fatto delle cose insieme in questo ambito. Jacobs l’ho incontrato una sola volta proprio agli Awards della Gazzetta e mi è sembrato delizioso».

Federica Pellegrini sta per diventare mamma. Dopo la nascita della bambina, potrebbe ospitarla a «Splendida cornice»?

«Il programma non è fatto per gli sportivi, come base. Ma perché no? Parliamo di un simbolo che ha avuto grande successo e ha vissuto il suo impegno con passione».

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