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Lucio Corsi racconta il suo nuovo album: “Tra infanzia, amicizia e amore”

Gianni

È un disco di ricordi veri e falsi, di personaggi del bene e del male, di località, che esse siano prati di margherite o squallide zone industriali". "In questo album - sottolinea conversando con la stampa tra un brano e un altro - ho cercato una trasformazione soprattutto a livello testuale, cercando di non staccare più di tanto i piedi da terra. Ho cercato di cantare in maniera chiara e diretta di persone. "Volevo essere un duro" è nato strisciando sui marciapiedi, nascondendomi negli armadi o sotto le zampe dei tavoli, girando tra i panni sporchi nelle lavatrici, appendendomi con le mollette ai capelli ai panni stesi, cercando ricordi non miei nei cappelli degli altri, cercando nuovi orizzonti nelle scarpe degli alti". Così, "dopo circa due anni ho trovato nove canzoni diverse e le ho convinte ad andare ad abitare nello stesso palazzo".

Un disco dove sono forti i richiami a Lucio Dalla, Edoardo Bennato, Ivan Graziani e al loro modo di creare delle canzoni-racconto, dove tutto si tiene, dal blues di 'Let there be rocko' allo stile anni 60-70 di 'Questa vita' fino alla "lunga coda di pianoforte sull'autostrada della luna" del brano "Nel cuore della notte". Tutti i 9 brani sono stati scritti da Lucio e Tommaso Ottomano "che è un po' più di un fratello per me, ci teniamo l'un l'altro - racconta Lucio - coi piedi per terra. E poi veniamo tutti dalla zona dove gli alberi nascono e si scavano la fossa: rimangono coi piedi per terra, sbirciano il più in alto possibile durante la loro vita e poi si scavano la fossa proprio lì dove sono sbocciati. Questo già di per sé è un insegnamento: l'importante è essere concentrati sulla musica, sulle cose che mi hanno guidato fin qui e cui tengo".