Luciano Spalletti racconta quando il suo rapporto con Mauro Icardi precipitò: "Quando, cioè, mi resi conto che la debolezza del nostro capitano si chiamava Wanda e rischiava di portare a fondo tutto il gruppo. E questo non potevo tollerarlo. Mauro in quel momento stava attraversando un momento calcisticamente difficile, le cose non giravano come avrebbe voluto. Non riusciva a segnare come faceva di solito. Lei disse che, se si voleva che Icardi facesse più gol, bisognava acquistare giocatori che lo aiutassero a farli. Avere giocatori migliori, insomma, il concetto era questo. Insopportabile. Una bomba. Era una di quelle dichiarazioni che non si potevano liquidare con un WhatsApp, una storia su Instagram o un like; per rimettere le cose a posto occorreva parlare guardandosi negli occhi, alla vecchia maniera.
C'era un solo modo per evitare una guerra nello spogliatoio: le scuse di Mauro Icardi. Non arrivarono mai. Il giorno dopo chiesi al capitano, davanti a tutti i compagni, di spiegare le parole di Wanda Nara. Di giustificarle in qualche modo. Mi sembrava il minimo, come forma di rispetto per gli altri. Mauro rispose che a parlare non era stata la moglie Wanda, ma il suo procuratore Nara, e che l'aveva fatto esclusivamente a questo titolo.
Era impossibile gestire la situazione. Non c'era verso. Dovetti dirgli due cose, togliergli la fascia di capitano e darla ad Handanovic. Il consenso della società c'era, ma era silente. Lui la prese male, molto male. Di fatto, per non perdere la squadra, persi Icardi, l'uomo e il calciatore", spiega l'ex allenatore dell'Inter aggiungendo una frase significativa: "Trovavo umiliante per tutti i tifosi nerazzurri dover mediare con un calciatore per convincerlo a indossare la maglia dell'Inter".