golssip gossip calcio Bettarini: “Non lavoro e mi godo la vita. Via da Milano per le rapine. Guardo partite mute”

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Bettarini: “Non lavoro e mi godo la vita. Via da Milano per le rapine. Guardo partite mute”

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Cosa pensa dei commenti che aveva scatenato il «pranzo al sacco di Adani»?

«No comment. Non è affar mio e nemmeno mi interessa francamente».

Anche secondo lei il livello tecnico del calcio si è molto abbassato rispetto agli anni Novanta-primi anni Duemila?

«Il calcio a volte lo seguo e a volte lo guardo ma molto meno rispetto ad una volta, anche perché come dice la domanda stessa, il livello non è così eclatante. Resta comunque il mio primo amore e non posso stare senza. Siamo stati compagni nella vita per diversi decenni, abbiamo camminato insieme, non volterò mai le spalle al calcio».

Oggi Bettarini dove giocherebbe?

«Non lo so! Sicuramente in una grande squadra, quella che oggi viene definita una big».

Qual è stato il presidente con il quale ha avuto il miglior rapporto e con chi invece non è mai scattata la scintilla?

«Ho avuto con tutti i presidenti buoni ed anche ottimi rapporti. La motivazione è semplice, loro erano i primi ad essersi innamorati di Stefano Bettarini sia come calciatore che come uomo. Conciliare il rapporto personale e professionale non era facile, eppure è andata così. Ero un professionista e un tempo venivi scelto per quello che dimostravi sul rettangolo verde negli anni e non certo preso come fanno oggi con algoritmi».

Zamparini, Cellino, Cecchi Gori...Ha avuto a che fare con personalità complesse. Ma è vera la storia del mago di Zamparini e del rito con un etto di rognone sul petto per scacciare il malocchio?

«Si è vero, Zamparini aveva un mago che si occupava di lui e di tutta la squadra, che gli diceva chi far giocare e cosa dovesse fare ogni giocatore. Chiedere a Cesare Prandelli, allora allenatore, ricordo che spesso ci guardavamo per poi ridere chiassosamente».

Altri aneddoti?

«Uno mi balza alla memoria, era l’anno in cui Zamparini comprò il Palermo e trasferì tutti giocatori dal Venezia al Palermo. Ma io rifiutai! Rischiando di smettere di giocare ed ignaro di cosa mi potesse accadere perché il mercato stava chiudendo ed infatti a stretto giro chiuse davvero. Per fortuna riaprì per qualche ora perché alcuni trasferimenti non si erano conclusi, per cui poi Marotta, riuscì a portarmi alla Sampdoria. Zamparini aveva capito che con Bettarini le forzature non funzionavano e che in tutto questo aveva perso anche soldi ed il valore del giocatore stesso».