Tocca pure temi sacri come la scaramanzia.
«Quando siamo arrivati a Napoli, siamo stati ospiti in un hotel pieno di “cornetti” e ci hanno spiegato che crederci è da stupidi, ma non crederci è sbagliato... E infatti ora ne abbiamo diversi anche a casa. Nel calcio la scaramanzia la fa da padrona, io l’ho imparato piano piano anche grazie a mia suocera, che ne ha viste tantissime nella vita, prima con Diego e ora con Giovanni. C’è anche lei nella serie: per me è l’immagine dell’esperienza di questa dimensione, nessuna più di lei può raccontare come si vive in una famiglia di calciatori».
E Giovanni era d’accordo con il progetto?
«Sì, certo. Mi ha sempre spronata a fare ciò che desideravo e qui a Napoli ho trovato la dimensione e lo spazio giusto per raccontare come ho trovato la mia strada accanto a lui».
Napoli è un po’ Argentina, non trova?
«Ma che un po’, sembra di starci sul serio. Lo ha detto anche Diego, il papà di Giovanni, quando è venuto a trovarci la prima volta. C’è una somiglianza incredibile tra i colori, i profumi, la passione e il calore delle persone. E anche per questo ho dedicato una puntata ai due mondi uniti, parlando di caffè e mate, due simboli iconici di Napoli e Argentina».
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