Diventare campione olimpico ha avuto anche un prezzo, il fatto che qualcuno abbia dubitato delle sue prestazioni e lo abbia affiancato al doping. Jacobs risponde senza esitazioni: «Dopo Tokyo sì, perché era impossibile che un italiano potesse vincere. Quello non mi ha mai minimamente toccato. Per me posso anche arrivare ultimo a tutte le gare. Ma pensare di barare, perché? Per quale motivo?».
Ma la sfida più grande per Marcell è stata affrontare il passato e il rapporto con il padre, che ha abbandonato la sua famiglia quando lui era bambino. «Ho vissuto l’abbandono del fatto che io non ho mai avuto una figura paterna nella mia vita e quindi ho sempre avuto questa paura inconscia che, se non facevo bene le cose, le persone a cui volevo bene mi potessero abbandonare». Il padre, militare americano, li aveva lasciati quando Jacobs era piccolo e per anni non hanno avuto alcun contatto. «È andato in missione in Corea, e quando è tornato non era più lo stesso. Non voleva più sapere niente di nessuno». Dopo un lungo silenzio, grazie al supporto della sua mental coach, Marcell ha trovato il coraggio di riallacciare il rapporto con lui: «Mi sono sentito un po’ più leggero. Quando però non si è presentato al mio matrimonio all’inizio ci sono rimasto male, poi ho capito che per lui sarebbe stato troppo».
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