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Vieri: “Tornassi indietro giocherei fino a 50 anni. Costanza e le figlie mi hanno cambiato”

Vieri: “Tornassi indietro giocherei fino a 50 anni. Costanza e le figlie mi hanno cambiato” - immagine 1
L'ex attaccante ha parlato della carriera e del Bobo fuori dal campo: dal carattere alla vita durante e dopo il calcio
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Christian Vieri parla a Radio Serie A. L'ex attaccante si è raccontato a tutto tondo su carriera e non solo ai microfoni

Sulla vita dopo la fine della carriera calcistica:

“Il calciatore smette presto, tra i 38 e i 40 anni, quindi poi devi trovare qualcosa da fare. Io sono stato un anno e mezzo a Formentera quando ho smesso, poi sono andato a Miami per trovare un lavoro in America. Lì ho avuto una collaborazione di 5 anni con beIN SPORTS e ci ho vissuto per 5 anni e mezzo, tra footvolley e tennis. Poi, insieme a Costanza, abbiamo deciso di tornare in Italia. Io mi annoio molto facilmente, devo sempre trovare qualcosa che mi diverte. Mi piace essere sempre attivo”.

Sulla vita da calciatore:

“Tornassi indietro giocherei fino a cinquant’anni, se fai il calciatore ami questo sport. Non c’è un mio ex compagno che non tornerebbe indietro a rifare tutto. Quando fai un lavoro che ti piace, non ti annoi mai. Quando sei fortunato a fare il lavoro dei sogni è ancora più bello. Io ero in Australia, avevo due sogni: giocare in Serie A e in Nazionale. Sono partito da solo, quando parlo con i bambini a scuola dico sempre che chi ha un sogno lo deve inseguire. In Australia giocavo terzino sinistro alla Roberto Carlos, poi a 13 anni ho chiesto di essere messo in avanti e da lì sono rimasto attaccante. Non sono più tornato in Australia: all’inizio la mia famiglia pensava che sarei rimasto in Italia pochi mesi, sono stati bravi a lasciarmi decidere in autonomia anche se avevo 14 anni. Mi hanno detto: “se vuoi farlo, devi farlo seriamente”. Una volta arrivato in Italia ho fatto diversi provini. All’inizio mi dicevano che ero grezzo, non mi voleva nessuno. Così ho iniziato ad allenarmi con il Prato senza giocare partite, finché il presidente, che era il nonno di Alessandro Diamanti, ha deciso di farmi giocare con la squadra”.

Sulla scelta del ritiro:

“Ero stufo di tutto e di tutti, ero stanco mentalmente. Ricordo di essere andato in Svizzera con l’Atalanta a fare un amichevole, a fine primo tempo ho comunicato a Del Neri che me ne sarei andato e così ho fatto. Stavo ancora bene, ma non avevo motivazioni, avevo grande stanchezza mentale. Dovevo andare a giocare al Boavista da un mio amico, ma mi sono allenato un mese e poi ho deciso definitivamente di non continuare con il calcio: da lì è finito tutto. Rimpianto? Tornassi indietro giocherei ancora, ma lo sto dicendo ora: in quel momento, se ho smesso, è perché sentivo di smettere. Va bene così”.

Sul carattere:

“Ora sono tranquillo, le bambine mi hanno cambiato la vita. Mia moglie Costanza e le mie figlie hanno cambiato tutto. Sarò sempre grato a mia moglie per le due bimbe che mi ha regalato. L’amore per i figli è una cosa folle. Loro sono la cosa più bella che ho fatto nella mia vita”.

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