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Tamberi: “La dieta il sacrificio più grande. Figli? Dopo l’Olimpiade di Parigi”

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Il capitano della Nazionale di atletica, campione di salto in alto, ha raccontato alcuni aspetti della sua vita privata
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Medaglia d'oro nel salto in alto agli Europei, alle Olimpiadi e al Mondiale. Gianmarco Tamberi, stella indiscussa dell'atletica italiana, ha raccontato alcuni aspetti della sua vita privata nel corso di un'intervista rilasciata al magazine Sette: "La batteria? È uno strumento divertente e rilassante. Ho seguito un corso quando ero piccolo per 4-5 anni. Poi, per tanto tempo, ho messo da parte le bacchette ma quando l’ho vista mi è venuto spontaneo avvicinarmi".

Aveva anche un gruppo?

"Chiamarlo così è un po’ esagerato, eravamo quattro ragazzi che si divertivano con la musica".

Torniamo alla gara. Grande concentrazione prima del salto e poi un’esplosione di gioia e il bagno con El Bakkali: lei è più genio o sregolatezza?

"La parte razionale è quella che mi contraddistingue nella metodicità dell’allenamento, nel tenere tutto sotto controllo in modo quasi maniacale: l’aspetto tecnico, la dieta, i salti. Allo stesso tempo penso sia proprio la sregolatezza a permettermi di fare quel qualcosa in più. I miei risultati arrivano dal mix di entrambi gli aspetti".

Dove cerca la concentrazione prima di un salto?

"All’inizio, quando mi metto sul mio segno, guardo l’asticella e ripercorro mentalmente quello che devo fare. Quindi, stacco e inizio a battere le mani chiedendo al pubblico di seguirmi così da ricevere energie e un flusso di adrenalina che fa venire i brividi. A quel punto faccio un passo e piombo nella seconda fase di concentrazione: negli occhi ho la mia scia e l’asticella".

Riti scaramantici?

"Tanti, ma non sento più l’obbligo di “rispettarne uno assolutamente”. Dall’Olimpiade di Tokyo li ho messi da parte per trovare la forza nelle cose che contano. I riti sono una debolezza degli sportivi che tentano di ricreare qualcosa che in passato ha funzionato sperando di ottenere un risultato positivo. Ci aggrappiamo a queste cose per paura di affrontare nuove sfide".

E la mezza barba?

"Per anni è stato un rito: l’ultima cosa che facevo prima di andare al campo per la mia “battaglia” era tagliarne una parte e la prima, al rientro in hotel, era toglierla tutta. Ora non sento più la necessità di presentarmi sempre così davanti all’asticella".

Quale delle due metà rappresenta il Tamberi atleta?

"Direi quella con la barba, che è sinonimo della mia razionalità; mentre quella senza è la mia irrazionalità".

Lei non ha tatuaggi.

"Mi piacciono ma non ho mai pensato di farne uno".

Chi è il suo eroe?

"Se restiamo in Italia, stravedo per Valentino Rossi. Amo le moto e il suo essere razionale e folle insieme".

Allargandoci al resto del mondo?

"Il mio idolo è l’ex campione NBA Tracy McGrady".

La sua prima passione è stata il basket.

"Un amore mai sopito. Ci ho giocato tanto, solo a 17 anni ho iniziato con il salto in alto. Avevo fatto delle gare studentesche ed ero portato. Non è stato facile mettere da parte una passione così viscerale per dedicarsi a qualcosa che sembrava essere la mia strada".

Ripensa mai a quella decisione?

"Eccome. Giocare a basket mi manca come l’aria, soprattutto negli ultimi 2-3 anni in cui devo rinunciare al campetto perché non posso rischiare di acutizzare delle infiammazioni o peggio, di farmi male".

Il gesso che ha portato a Tokyo è sempre in salotto?

"Abbracciato alla medaglia d’oro, sono inseparabili. Guardandolo rivedo quello che ho passato per raggiungere il momento più bello della mia vita sportiva".

Un oro a pari merito con l’amico Mutaz Barshim. Avrebbe condiviso quella vittoria con un altro?

"È un momento così bello che puoi accettare di dividerlo solo con persone a cui vuoi bene o che stimi".

Cos’è per lei l’amicizia?

"Esserci senza bisogno di un ritorno".

Davanti all’asticella si sente mai solo?

"Mi sento estremamente solo per le pressioni e le aspettative che ho su me stesso. Sentimenti che a volte possono schiacciarti. I familiari, gli amici, il gruppo di lavoro, l’allenatore sono colonne solide".

Il suo sogno per l’Olimpiade di Parigi?

"Il back-to-back, cosa mai riuscita a nessuno nella mia disciplina: vincere due ori olimpici consecutivi".

Tra i suoi obiettivi c’è anche quello di superare il record del mondo di 2.45 cm di Sotomayor?

"Nella mia carriera i record sono sempre stati molto meno importanti delle vittorie. Ho puntato di più al sogno di una medaglia che a un numero".

I Giochi iniziano il 26 luglio 2024 e la sua dieta?

"Da novembre".

Cosa significa per lei essere a dieta?

"Non mangiare più e sperare di sopravvivere. Scherzi a parte, è il sacrificio più grande, non è facile sostenere quelle privazioni per tanti mesi. Ti cambia l’umore. Ho un mental coach che mi segue da anni e ho fatto un percorso con una psicologa nutrizionista, sono supporti importanti quando si fa qualcosa così al limite. Sono alto 1,92 e al Mondiale pesavo meno di 74 kg, ero decisamente sottopeso. Voglio dirlo chiaramente, non vorrei che qualcuno copiasse quello faccio io per dimagrire: il mio è un percorso estremo seguito da esperti".

Gara fatta, medaglia al collo: cosa vuole mangiare?

"Le lasagne di nonna Graziella e torno bambino".

Quanto conta per lei la bellezza?

"Io sono sempre stato quello brutto della famiglia. Mio fratello Gianluca nel 2012 ha vinto Mister Italia: io ero quello simpatico, lui quello bello".

E il suo rapporto con la scuola?

"Per me è stata una tortura. Non riuscivo a stare fermo e seduto. Dal punto di vista del rendimento me la cavavo, ma caratterialmente ero un disastro".

Dopo Parigi penserete a un bambino?

"Una piccola Chiara mi piacerebbe davvero un sacco. Rimandiamo per dargli totale attenzione: con la preparazione dovremmo togliere energie o a una nuova vita o al sogno cui abbiamo dedicato tanti anni e fatica".

La prima persona che ha creduto in lei?

"Sono due, mia madre e mio padre. Entrambi erano atleti, lui era un saltatore in alto e ha fatto l’Olimpiade di Mosca. In me hanno visto delle qualità e mi hanno sostenuto per tirarle fuori".

Com’è stato avere un padre-allenatore?

"Molto complicato. Era un allenamento continuo: al campo e a casa. Nel 2015 sono andato a vivere da solo perché volevo uscire da quella bolla in cui c’era un solo pensiero e mi sentivo sempre giudicato".

Libri, musica, podcast, film: cosa fa per distrarsi?

"Scelgo una serie tv con Chiara. Guardiamo un po’ di tutto, evitando horror e titoli romantici".

E quando vuole rilassarsi?

"Allora faccio yoga".

Ma nella vita privata è “matto” come in pista?

"Di più (ride). La follia è un mio elemento distintivo".

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