La Cedu ha tuttavia chiarito che non vi sono state altre violazioni dei suoi diritti - compreso quello a non subire trattamenti inumani e degradanti - e non si è pronunciata sul nodo centrale del trattamento ormonale imposto all'atleta iperandrogenica. Pur condannando la Svizzera per aver violato il diritto a un giusto processo, la Corte ha dichiarato inammissibili le affermazioni di Semenya secondo cui sarebbe stata vittima di discriminazione. La Grande Camera ha stabilito che l'atleta trentaquattrenne non rientrava nella giurisdizione svizzera in merito a tale rivendicazione.
"La lotta non è finita, finché ci sarà ingiustizia, combatteremo", ha avvertito la campionessa presente a Strasburgo insieme ai suoi avvocati che ora esamineranno le possibili conseguenze. "La Grande Camera non si è spinta abbastanza oltre da riconoscere tutte le violazioni in questo caso", ha affermato all'Afp l'esperta di diritto sportivo e discriminazione di genere presso la Nottingham Law School, Seema Patel, "ma almeno ha lanciato un monito al mondo dello sport: i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere rispettati".
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