C’è sempre Dio nelle sue parole, quanto conta la fede?
"È tutto, la fede è entrata nella mia vita quando mi allenavo a Miami, mi portarono in una chiesa evangelista e fu come un colpo di fulmine. La Bibbia lo dice: “Conoscerai la verità e ti renderà libero”. Da cosa? Da tutte le schiavitù a cui siamo sottomessi".
Eppure King Toretto ha rischiato di essere schiavo dello star system, dell’apparire.
"Ero più di un pugile, ero un personaggio. Di questo non è rimasto nulla: fa parte della mia vita, e non rimpiango né rinnego".
Vicino alla scena rap: Sfera Ebbasta, Gué Pequeno, Mahmood, Ghali... Li sente ancora?
"Sfera è un amico, lui c’è sempre. Gué un po’ meno, gli altri no. Sarebbe bello tornare su un palco con loro, magari al Forum qui vicino: ci vorrei senz’altro Sfera, magari Marcell Jacobs".
Venti incontri vinti e uno solo perso, pochi mesi prima dell’aneurisma: un periodo difficile della carriera?
"Sì, era un periodo triste. Avevo perso con Giovanni De Carolis per il titolo WBO, ma di quel match oggi non ricordo nulla: arrivai male, costretto a dimagrire per stare nel peso. Probabile che da lì sia nato il mio male, a furia di togliere liquidi e di prendere colpi, vai a sbattere".
E la storia con Diletta Leotta?
"Era finita da un po’, vivevo concentrato sul mio cammino. È stato un amore vero, importante, ma di questo io non vorrei parlare".
Continua a seguire la boxe? Per esempio l’incontro Tyson-Paul?
"Quello proprio no: una cavolata. Seguo poca roba, ma anche prima era così: la boxe mi piaceva farla. La passione per l’Inter, invece, quella c’è sempre anche se sono meno attento".
"A Rozzano, prima o poi la strada ti chiama”, si legge nel libro e si accenna a qualcosa di sbagliato da cui si è salvato. Di che si tratta?
"Posso dirlo?".
È passato tanto tempo e lei ha vissuto di peggio.
"Piccolo spaccio, furtarelli, cose così. Ma c’è stato il pugilato ad allontanarmi, a darmi disciplina. Ai ragazzi di periferia come sono stato io vorrei dire di comportarsi bene, di seguire i propri sogni. Con amore soprattutto".
Scardina è stato sinonimo di chi ce l’ha fatta per tanti a Rozzano...
"Sono stato un aiuto per i ragazzi bisognosi e vorrei ancora esserlo. È quasi pronta la mia palestra, si chiamerà Scardina Team Academy, ci sarà mio fratello e altri maestri mi daranno una mano, potrei riuscire a portarli lì. C’è tutto, mancano solo delle robe burocratiche".
A proposito di burocrazia: aiuti dalle autorità?
"Pochi. Comune e Aler avevano promesso di installare un montascale: non se n’è saputo più nulla. C’è sempre bisogno che mamma e Giò mi portino giù e io sono pesante. Mi piacerebbe uscire un po’, ma quei sette scalini... Sette che poi è anche il mio numero fortunato. La mia seconda vita potrebbe cominciare davvero".
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