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Rebellin, la moglie: “Non perdono chi ha ucciso mio marito, raddoppino la pena”

Rebellin, la moglie: “Non perdono chi ha ucciso mio marito, raddoppino la pena” - immagine 1
L'ex ciclista, all'epoca dei fatti 51enne, venne travolto 15 mesi fa durante un allenamento da un camionista
alfa

A 15 mesi dalla sua tragica scomparsa, avvenuta dopo essere stato investito mentre si allenava in bicicletta da un camionista, si torna a parlare di Davide Rebellin. Il motivo? Wolfgang Rieke, l'uomo alla guida del mezzo pesante, ha patteggiato una pena di 3 anni e 11 mesi, e venerdì è arrivata la notizia che la sconterà ai domiciliari. Françoise Antonini, la moglie di Rebellini, intervistata da La Gazzetta dello Sport non intende accettare questa sentenza: "È stato uno choc violento, non volevo crederci. Ho tremato a lungo per la mancanza di considerazione e rispetto nei confronti di mio marito… Davide non tornerà mai più a casa nostra".

Si è detto che la famiglia Rebellin era contenta del patteggiamento.

"Non sono assolutamente d’accordo. Non chiedo l’ergastolo, ma vorrei almeno raddoppiare la pena in modo che quest’uomo possa davvero affrontare la sua coscienza per rispetto di Davide".

La sua pena, Françoise, sarà molto più lunga.

"La mia pena non si conta in anni. Cerco di conviverci, l’amore per Davide mi aiuta a non lasciare che il dolore guidi la mia vita. C’era una cosa che Davide non sopportava: vedermi triste. Questo mi impedisce di cadere a pezzi".

Potrà mai perdonare il camionista?

"È sceso dal camion. Ha guardato mio marito. È rimasto lì per 15 minuti senza chiedere aiuto, preoccupato soltanto di cancellare con la saliva le tracce dell’urto sul camion e poi se n’è andato, lasciandolo lì... Come se avesse schiacciato un piccione. E ha continuato la sua vita tranquilla per nove lunghi mesi. Se è stato messo in carcere è stato soltanto perché le telecamere hanno ripreso tutto. Non è ancora possibile parlare di perdono, non di fronte a comportamenti senza alcuna compassione e coscienza. Ho ancora troppa rabbia, tristezza e dolore per perdonarlo".

Che cosa gli direbbe?

"Niente. Non esistono parole che possano tradurre ciò che penso, ciò che sento e ciò che provo".

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