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Moellhausen: “Alle Olimpiadi con un tumore, ecco perché l’ho fatto. Il ritiro di Sinner…”

Moellhausen: “Alle Olimpiadi con un tumore, ecco perché l’ho fatto. Il ritiro di Sinner…” - immagine 1
In una lunga intervista a Repubblica, la schermitrice italo-brasiliana si racconta
Gianni

Nathalie Moellhausen, 38 anni, schermitrice italo-brasiliana, è diventata simbolo di queste olimpiadi. L'atleta, all'insaputa di tutti, ha partecipato nonostante un tumore. Nel corso di un incontro è svenuta in pedana. "Come sto? Stanca e stordita. Sono appena stata operata. Ho una cicatrice di dieci centimetri sul fondo schiena. All’inizio sembrava una lesione tumorale schwannoma all’osso sacro. Soltanto a giugno vista la crescita è arrivata la diagnosi di un tumore fibroso solitario. Rarissimo. Dieci casi nel mondo, solo due operati. Io sono la seconda. Ringrazio il neurochirurgo, il professore Sebastien Froelich, non è stato facile raggiungerlo, ma lui si è reso disponibile, mi ha evitato il peggio e mi ha permesso di gareggiare. Sono ancora in ospedale, sto facendo fisioterapia, per riacquistare la mobilità, soprattutto alla gamba destra. Solo ora ho appreso che tutti pensavano a un sarcoma", racconta la Moellhausen a Repubblica.

Quando si è accorta che qualcosa non andava?

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«A febbraio in Coppa del mondo a Doha, avevo un dolore strano all’osso sacro,passerà mi sono detta. Invece è tornato nelle gare successive a Barcellona e a Budapest. Ho iniziato a fare esami in tutto il corpo, non la biopsia perché in quel punto è impegnativa, e io non volevo interventi che mi impedissero di scendere in pedana a Parigi. A maggio ho gareggiato a Cali, di nuovo dolore. A giugno il male è esploso, una sofferenza atroce, notte e giorno, mi sono imbottita di farmaci, perché era l’unico modo per allenarmi, io dovevo fare le Olimpiadi».

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Ma la situazione è peggiorata.

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«Sì. Mercoledì prima della gara si è resa necessaria una biopsia. I dottori si sono accorti della mia sofferenza, forse il tumore aveva camminato veloce, forse si era esteso, l’osso sacro è un punto particolare, avevo perso sensibilità a livello nervoso. Prima di farmi l’anestesia mi hanno chiesto se credessi ai miracoli, sì, certo che ci credevo. Al mio risveglio ho avuto la risposta, non c’era stata vascolarizzazione del tumore. L’operazione poteva aspettare qualche giorno, io continuavo a pensare che più che ingiusto fosse tutto assurdo».

Ha chiesto di lasciare l’ospedale per andare in pedana.

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«Ho 38 anni, su questa Olimpiade avevo investito tutto. Ero numero quattro del mondo, ma soprattutto ho senso di responsabilità verso il mio gruppo, verso il mio paese, verso le persone che aiuto e che mi aiutano. In Brasile sono impegnatain un progetto sociale il cui slogan è: “Sii l’eroe di te stesso”. Potevo tirarmi indietro, rimangiarmi parole in cui credo? E rassegnarmi a un male che non avevo mai provato prima? Io, a parte una gravidanza extrauterina in passato, non avevo mai nulla. E sì, anche se sotto osservazione sono scappata dall’ospedale. Me lo hanno concesso».

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In pedana come si è sentita?

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«Era la mia quarta Olimpiade. Volevo esserci, ho finito l’incontro anche se non mi reggevo in piedi. E lì ho capito che la forza bisogna cercarla dentro di noi e che le medaglie non sono l’unico messaggio da dare, né l’unico mezzo per comunicare. Il Brasile è stato meraviglioso, mi ha considerata un’eroina e riempita di messaggi».

Sinner per l’Italia si era appena ritirato per una tonsillite.

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«Bisogna capire che i Giochi non hanno lo stesso valore per tutte le discipline. Il torneo di tennis olimpico non dà soldi, né punteggi. Per i campioni della racchetta è solo un titolo in più, uno sfizio da togliersi, per noi, per gli altri, i Giochi sono il Sacro Graal, sono un investimento di energie, il coronamento di anni di fatiche, di allenamento, di impegno economico. Non sono qualcosa da aggiungere a una carriera, sono tutto».

(Repubblica)

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