Golssip
I migliori video scelti dal nostro canale

news

Mihajlovic, parla il figlio ad un anno dalla morte: “Era un leone, vi dico tutto”

Mihajlovic, parla il figlio ad un anno dalla morte: “Era un leone, vi dico tutto” - immagine 1
Le parole di Miroslav Mihajlovic: "Mamma non ci fa vedere che sta male, perché è una donna forte. Ma io so che lo fa per noi, so cosa prova"
Marco

Ad un anno dalla morte del padre Sinisa, Miroslav Mihajlovic, figlio del compianto ex allenatore e giocatore, ha rilasciato un'intervista molto toccante al Quotidiano Nazionale.

Miroslav, un anno senza suo padre. Che anno è stato?

«Un anno difficile. Ma andare al campo mi ha aiutato e mi aiuta molto, perché mi dà modo di staccare e allo stesso tempo di rimanere legato a lui, di tenerlo vicino».

Perché scegliere di fare proprio l’allenatore?

«Papà mi ha insegnato a seguire le mie passioni. So di avere un cognome pesantissimo e so che sarà sempre così. Ma non mi pesa, perché amo questo lavoro. Ho provato anche la strada da calciatore, sono arrivato fino alla Primavera della Samp, poi ho capito che non faceva per me. Essere ‘figlio di’ mi pesava molto in quel contesto. Soprattutto in Italia è molto difficile gestire questa eredità, la gente parla tanto: se non giochi è perché sei scarso; se giochi, sei raccomandato. Devi lavorare il doppio degli altri. Ammiro Chiesa e Maldini che, nonostante il paragone con i genitori, sono arrivati in alto. Io vado avanti come Miro».

Cosa vi ha lasciato Sinisa?

«Mi ha lasciato il coraggio e i suoi valori, come lealtà, rispetto, sincerità: valori che nel calcio si stanno perdendo. Poi un insegnamento: fai quello che ti piace e fallo al cento per cento, anche oltre l’impossibile».

Come suo padre che ha continuato ad allenare il Bologna mentre lottava contro la leucemia. Quante volte gli avete chiesto di smettere?

«Ci abbiamo provato, ma era impossibile convincerlo: lui voleva continuare. Il calcio era la sua vita: se non andava in campo, non era contento, era anche un modo per staccare la testa. Pensi che una settimana prima di morire, abbiamo fatto dieci chilometri di camminata, io e lui, sotto la pioggia. È iniziato a diluviare, ma lui niente. Ha detto: aspettiamo finisca e ripartiamo. Era magrissimo, tutti al posto suo sarebbero rimasti a letto. Lui, no, era un leone in gabbia. Era un testardo, ma nel modo giusto. Camminava quasi tutti i giorni».

Poi quel 16 dicembre si è dovuto fermare.

«Eravamo pronti alla cosa, ma puoi essere preparato quanto vuoi: quando arriva quel momento, è dura. Ci scrivevano e ci chiamavano tutti, mentre magari in quel momento tu vorresti solo sparire. Ma ringrazio i tifosi e chi ci è stato vicino, come Deki (Dejan Stankovic, ndr): lui e papà erano fratelli, per noi è uno zio, c’è sempre stato e sempre ci sarà. Così come Ibra è stato molto carino con noi».

In famiglia come state vivendo questa perdita?

«Si cerca, anche inconsciamente, di parlarne poco, perché quando lo fai, fa male. Se ci pensi troppo, diventa complicato. Ma essendo papà un personaggio pubblico, questo non aiuta: quei giorni ne parlavano tutti e di continuo, tv e giornali, e adesso sarà lo stesso con l’anniversario».

Sua madre Arianna come sta?

«Mamma non ci fa vedere che sta male, perché è una donna forte. Ma io so che lo fa per noi, so cosa prova. Io e miei fratelli cerchiamo di farla stare meglio».

Che padre era Mihajlovic, severo come in campo?

«No, la vita l’ha forgiato: la guerra, la fuga da casa, dalla famiglia. I problemi ti cambiano, diventi un altro, ora me ne sono reso conto. Ma la sua durezza era una scorza che si è dovuto creare per andare avanti: papà dentro era buonissimo, il migliore di tutti. Poi, certo, metteva un po’ di soggezione anche a me (sorride, ndr). Ricordo una volta, da piccolo, a scuola ne combinai una. A casa mi disse: vai in camera e sistemati. Arrivò e mi parlò faccia a faccia. Dopo quella conversazione, ero molto convinto a fare quello che mi chiedeva... Lui non ci ha mai imposto niente, ma sullo studio era intransigente. Quando ho smesso di giocare, mi ha detto: per me puoi lasciare, ma devi studiare. Infatti sto facendo Economia e management alla Luiss. Mi mancano solo 5 esami».

Sulla gamba ha un tatuaggio particolare...

«Sì, papà che calcia una punizione, il suo gesto tecnico per eccellenza. Ho un’ammirazione infinita per lui, tanto da inciderlo sulla mia pelle. Non era molto d’accordo sui tatuaggi, però facendomi il primo su di lui, non ha potuto sgridarmi».

Ripercorriamo un po’ di tappe. Luglio 2019, la scoperta della malattia.

«Noi stavamo in Sardegna, lui a Bologna, ce l’ha detto nostra madre: era il giorno prima della conferenza stampa che fece, è stata una botta pesante. Da una parte, bellissimo l’affetto dei tifosi, ma dall’altra però è dura, perché ne senti sempre parlare, mentre magari in quei momenti vorresti decidere tu come viverla questa cosa».

Il 25 agosto 2019, Mihajlovic si presenta a sorpresa al Bentegodi di Verona contro il parere dei medici.

«Lo scoprimmo un attimo prima, mi pare ci avvisò un suo collaboratore. Quando lo vidi in tv, secco, indebolito, beh, anche a me fece abbastanza impressione. Ma aveva fatto una promessa ai suoi giocatori e lui era uno di parola».

A marzo 2022 la leucemia si ripresenta.

«È stato peggio della prima volta, anche se sei preparato ed è una cosa già successa. Credo sia stata più dura anche per papà dover ricominciare una battaglia che aveva già vinto».

Sinisa torna in campo anche stavolta, ma a settembre 2022 arriva la fine del rapporto con il Bologna. Come l’ha vissuta?

«Male. Per lui stare in campo era tutto, però ha sempre chiesto di essere trattato come allenatore. E devo dire che al Bologna sono stati bravissimi, nulla da dire. Ci sono sempre stati vicini, sia prima che dopo. Molti, tra dirigenti e giocatori, li sentiamo ancora, e li ringrazio. Come ringrazio i bolognesi: sono stati perfetti con lui e con noi».

tutte le notizie di

Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo del gossip sportivo senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con Golssip per scoprire tutte le news di giornata.