Il malore improvviso, la corsa in ospedale, lo spavento. Tutto questo, fortunatamente, rappresenta solo il passato per Massimo Mauro. L'ex centrocampista della Juventus ne ha parlato nel corso di un'intervista rilasciata al Corriere della Sera: "Per una volta non sei stato lento. Così mi ha scritto Ciro Ferrara in chat. Mi ha preso in giro, come al solito. E mi ha strappato il primo sorriso dopo lo spavento. Ciro ha ragione, ma la vita non è un campo di calcio. Sarebbe stato ingiusto non star qui a raccontare. Devo fare ancora tante cose, una in particolare ed è piuttosto importante. Sono un uomo fortunato".


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Mauro: “Fortunato a essere vivo. Devo continuare a lavorare, lo devo a Vialli”
Mauro, qual è la cosa così importante che deve fare?
"Continuare a lavorare per favorire la ricerca sulla Sla, è l’eredità che mi ha lasciato Vialli, lo facevamo insieme. Con convinzione. Quando sarà stato trovato il farmaco che garantirà la guarigione posso anche immaginare di chiedere a Luca se lì ha bisogno di un’ala destra. Roberto Mancini però mi ha già smorzato l’ambizione. L’altro giorno mi dice: Massimo, se sei qui con tutti noi è perché a Luca l’ala non serve! Sono felice di aver sentito la vicinanza di centinaia di persone. In certi momenti apprezzi l’affetto, lo percepisci in modo diverso".
A volte si trascurano i controlli medici, qualcuno era sfuggito anche a lei?
"Faccio controlli con regolarità, ultimamente anche con maggiore frequenza. Mia sorella è morta per un cancro all’intestino e sono inserito in questo screening, ho avuto il Covid e mi sono beccato una brutta polmonite, il colesterolo era un po’ alto e quindi lo controllavo e facevo visite cardiologiche. Insomma, tutto mi sarei aspettato tranne l’infarto. Era scritto così. Ma le ripeto, sono un uomo fortunato. Ci sono tre cose in particolare a cui penso continuamente da quel giorno…".
Dica.
"Ho avuto la lucidità di fermarmi; con me c’era un amico che conosce il primario dell’ospedale di Catanzaro; l’ambulanza è arrivata in sette minuti".
Ha uno stile di vita sano?
"Assolutamente. Qualche volta eccedo un po’ col mangiare. Ed eviterò di farlo in futuro. Anche quando giocavo, i miei stravizi li facevo al pomeriggio! Nel senso che non sono mai stato uno dalle grandi giravolte! Niente feste fino all’alba, né chissà quali serate a bere e far baldoria".
Fuma?
"Non più da 15 anni, fumavo quando giocavo. Anche un pacchetto al giorno. O forse meno, visto che Platini rubava le mie sigarette!".
Ci racconta il momento in cui ha cominciato a star male?
"Un dolore fortissimo al petto, mi sono fermato perché non riuscivo a respirare. Non ho pensato a nulla, speravo soltanto che passasse in fretta. Il mio amico invece è stato tempestivo e ha chiamato i soccorsi. Cinque minuti dopo essere arrivato in ospedale ero già in sala operatoria. In ambulanza, sì, mi sono passate tante cose per la testa. Anche l’infarto, speravo facessimo in fretta...".
Il primo pensiero dopo?
"Che ce l’avevo fatta, ho pensato alle cose belle della vita, a tutte quelle a cui Luca (Vialli, ndr) ha dovuto rinunciare, alla ricerca che ha bisogno ancora del sostegno della nostra Fondazione, alla mia famiglia, agli amici. A tutte le piccole e grandi cose. Al padel, al golf che sono gli sport che mi piacciono tanto".
Riprenderà a giocare a padel?
"Spero di sì, non ho avuto l’infarto perché stavo giocando. I medici mi hanno spiegato che l’arteria era completamente ostruita, poteva capitarmi mentre ero da qualsiasi altra parte. Quindi ringrazio Dio che ero in quel campo e in compagnia dell’amico giusto. E sarò riconoscente a vita ai medici che mi hanno salvato. A quelli che si avvicinano a questo sport dico che non bisogna esagerare, che dopo tre game bisogna fermarsi perché le pulsazioni aumentano notevolmente. Forse, sarà meglio riprendere prima a giocare a golf, alla mia età è più adatto!".
La paura è passata?
"È più forte la felicità di poter parlare, sorridere, raccontare. No, ora non ho paura. So però che dovrò controllarmi con più scrupolo. La fortuna non bussa mica sempre".
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