Verona è una nuova vita?
"È una rinascita. Sto scoprendo lati di me che non conoscevo. Nuova città, allenamenti, allenatore, compagni. Mi alleno all’aperto, è un’altra vita. Verona è il posto giusto per questo cambiamento. Mi guardo allo specchio e sono contento".
L’oro ha avuto un peso in questo cambiamento?
"Era tutto già premeditato, ma l’oro mi ha dato (anche) la libertà di fare questa scelta senza pensare troppo alle conseguenze. E non mi è pesato farla".
E Adelaide dov’è? Ti ha seguito?
"È a Varese perché lavora a Milano, nella moda. Io ho raggiunto il massimo obiettivo del mio sport e sto lavorando per mantenere quel massimo. Lei, invece, sta iniziando a costruirsi una propria identità lavorativa, è giusto che stia lì. Conto di chiudere col nuoto a Verona, poi tornerò verso casa, va bene così. Siamo una coppia di nomadi da sempre".
Sei più Poppone o più Tete?
"Sempre stato Tete, come mi chiamava mio fratello Jacopo da piccolo, anche per i prof. Poppone è nato col mio amico Alessandro Pinzuti: è uno stile di vita, un bonaccione. Ma io sono 'occhiali per non farsi riconoscere', il mio hashtag. Da ragazzino facevo molte stupidate, sono sempre stato un iperattivo dallo scherzo facile. Un giorno ero a fare la spesa con mio fratello e un suo amico e ho iniziato a riempire i carrelli della gente di cose, a caso, senza che nessuno se ne accorgesse. Loro mi dicevano, 'occhio che ci sono le telecamere e ti beccano…'. E lì è nato 'tanto ho gli occhiali per non farmi riconoscere'. Che mi rappresenta molto: adoro gli occhiali, li indosso sempre".
Dicono che odiassi l’acqua: chi è che poi ti butta in piscina?
"Mia nonna aveva casa a Lanzarote, da piccolo passavo sei mesi lì e l’acqua era un gioco. Amavo (e amo ancora) il basket come mio padre. Odiavo la piscina, la fatica, ero freddoloso. Mi ci ha buttato mia mamma Alessandra con la scusa che 'il nuoto è lo sport più completo'. Doveva rincorrermi, non ci volevo andare. Poi sono arrivati i risultati ed è cambiato tutto, è diventato il posto in cui sono più a mio agio. Adesso l’acqua è la mia salvezza (ho sempre caldo) e il mio ufficio. Sono stati bravi i miei a darmi fiducia, e lasciarmi la corda lunga sempre".
A scuola eri uno da primo o ultimo banco a far casino?
"Io facevo casino anche al primo banco. Mi piaceva stare attaccato alla cattedra, perché lì riuscivo a interagire di più a livello umano coi professori. La capacità di confronto e il rispetto degli adulti è l’insegnamento più importante che mi porto dietro dalla scuola, oltre agli amici. Ci tornerei subito".
Ma insegnano più le vittorie o le sconfitte?
"Le sconfitte sembra che insegnino di più per quella voglia di riscatto. In realtà, rialzarsi (se fai quello switch mentale) è quasi più semplice che continuare il trend di una vittoria, mi sto accorgendo. Vincere è difficile, rivincere è più difficile ancora. Hai tante cose da gestire, gli occhi puntati, la tua aspettativa. Non insegui più, diventi la preda, e se non mangi ti mangiano. Vittoria e sconfitta sono comunque essenziali entrambe. Penso che sia così anche la vita".
Cosa ti rilassa?
"Alzarmi e non avere programmi, fare ciò che voglio: questo è relax totale. Che sia dormire sotto l’ombrellone, fare una passeggiata in montagna o cenare con un bicchiere di vino bianco in riva al mare".
Chi è la persona più importante della tua vita?
"I miei genitori sono un faro e lo saranno sempre, ma la fortuna più grande sono i nonni. Ti amano alla follia senza chiedere niente in cambio, sono sempre dalla tua parte. E riescono a insegnarti tante cose. Quando sei bambino, non ci fai troppo caso".
La gatta Dolly è tua?
"Dolly è mia e nessuno me la tocca. Adesso mia mamma dice che è più sua perché io non ci sono mai. Ma non è vero. È un regalo di compleanno di qualche anno fa. Io impazzisco per la mia gatta. Non sono di quelli che umanizzano gli animali, ma sono un bel gattaro".
Dove trovi le motivazioni Tete?
"Sono difficili da trovare ogni giorno. Alzare l’asticella è un buon esercizio: preferisco sempre fare cose che non sono capace di fare piuttosto che quelle che già mi riescono. Verona è motivazione: qui è tutto più facile perché è tutto nuovo. Io odio la monotonia".
Hai realizzato il sogno sportivo più grande, cosa resta nel cassetto da fare?
"Tante cose. Ho ritrovato la passione e l’amore per questo sport e quindi vorrei andare a prendermi altre grosse soddisfazioni. Poi, cosa resta? Quello che viviamo detta quello che siamo, voglio essere felice. È la cosa più importante".
Sei più credente o scaramantico?
"Forse la seconda, ma senza ossessioni. Non al livello di Nadal e le bottigliette perfettamente allineate in campo, intendo. Io uso un paio di occhialini nuovi per ogni gara. E il giorno della gara, durante il riscaldamento, mi metto a montarli: tolgo la plastichina, infilo il laccetto. Lo faccio sempre e lo farei a prescindere, ma mi piace pensare che quando le cose vanno bene è anche per quello. Se vanno male non è di certo perché non l’ho fatto".
Hai 59”03 per rivedere una persona che non c’è più: chi scegli e cosa le dici?
"Vorrei rivedere nonna Mariuccia. Le direi che qua è tutto uguale a prima, che ci manca più di prima, che porto avanti i suoi insegnamenti".
E se potessi rivivere un momento di questi quasi 26 anni?
"Tornerei a 12, in vacanza a Lanzarote con la famiglia. Quando mi divertivo senza pensare a niente. Le cose cambiano in fretta e non tornano più, non è una cosa negativa, ma inizio a pensarci".
Pensi anche a cosa farai da grande?
"Alle volte sì, perché temo di non arrivare pronto. Poi dico: meglio vivere, ho un’età in cui è ancora consentito sbagliare. Questo mi rassicura un po’".
Se non t’avessero buttato in piscina chi saresti stato?
"Probabilmente, finita la scuola, sarei andato a lavorare con mio padre, Samuele, è un orafo".
E sei capace?
"Direi di no, perché lì ci vuole tanta pazienza, tanta manualità, tanto tempo. Però mi piacciono i gioielli. A Varese abbiamo anche una pasticceria: era l’alternativa. Ma ho trovato la mia strada, nuoto".
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