Neri Marcorè ha prodotto il suo primo film. Il noto attore si è trasformato in regista con Zamora, film che prende il nome dal portierone spagnolo e dal libro di Roberto Perrone da cui è tratto. «Ma non è un film sul calcio. È chiaro che chi lo cerca un po’ ne trova, ma c’è anche molto altro. È la storia di un ragioniere di Vigevano rimasto senza lavoro che trova un nuovo impiego nella Milano del boom economico degli Anni 60:
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Marcorè: “Juve? Quando le cose non vanno bene smettiamo di essere ladri”
è un’azienda enorme il cui titolare vuole che tutti giochino a pallone, cosa che lui odia. Sceglie di stare in porta pensando di nascondersi, invece si espone alle prese in giro degli avversari e soprattutto del suo antagonista. Da qui parte una storia di formazione in cui ha un ruolo importante un ex portiere del Milan e della Nazionale caduto in disgrazia da cui il nostro ragioniere prende lezioni e che è il personaggio che interpreto io. Si ride molto, dicono, e alla fine ci si commuove», racconta alla Gazzetta dello Sport.
Restiamo ai portieri. Quello della sua Juve come lo trova?
«Meraviglioso, a me Szczesny piace tantissimo. Ma la Juve ha sempre avuto una grande tradizione tra i pali, da Zoff a Tacconi, Peruzzi e Buffon. L’unica eccezione è stato purtroppo Van der Sar».
In campionato quest’anno la tradizione la state rispettando un po’ meno.
«È vero, forse siamo meno invidiati che in altri periodi, ci lasciano un po’ più in pace. Improvvisamente, quando le cose non vanno bene, smettiamo di essere ladri... Di certo non siamo al top della forma, fino a un certo punto abbiamo tenuto il passo dell’Inter, poi abbiamo avuto un momento disastroso. L’importante ora è per recuperare condizione e fiducia».
Di Allegri che pensa?
«Quando è stato deciso di cambiare corso dopo cinque scudetti mi è dispiaciuto. Al suo ritorno sembrava aver perso un po’ il passo, ma nella passata stagione, dopo la penalizzazione, è stato fondamentale: ha fatto da parafulmine e ha tenuto insieme la squadra in un anno molto complicato. Ultimamente, con quel ciclo di partite perse, anche lui come i giocatori aveva forse perso un po’ di lucidità. Ma capita».
E quest’Inter lanciata verso il titolo?
«Esprimono un gioco molto brillante e il merito è della qualità dei giocatori e di Inzaghi. Uno che avrei preso prima ancora che si spostasse all’Inter è Barella. Poi c’è Lautaro , un centravanti pazzesco che mette dentro tutto quello che gli capita a tiro. E Dimarco è un altro qualitativamente molto forte».
Un tifoso come Dimarco verrebbe alla Juve?
«In questa Juve no, ma magari tra qualche anno anche uno come lui potrebbe optare per la squadra con cui è più stimolante giocare, a prescindere dal resto. Credo che l’ultimo vero giocatore-tifoso sia stato Totti».
La sorpresa del campionato?
«Il Bologna. Credo che possa tenere questo passo fino alla fine, quando si innescano certi meccanismi sembra che tutto vada in discesa. E poi la Roma di De Rossi. Sono davvero contento per lui».
Ma lei perché è della Juve?
«Mio padre era simpatizzante e nelle Marche non c’erano tante squadre. Ma il motivo principale è un 45 giri con l’inno bianconero per cui impazzivo, ve lo posso cantare tutto: Juve Juve, il Comunale grida già, Juve Juve, è bianconera la città... ».
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