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Khedira e la vita dopo il calcio: “Bella, ma diversa. Adesso produco e vendo caffè”

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L'ex centrocampista tedesco di Real Madrid e Juventus ha parlato dei suoi nuovi interessi dopo aver appeso al chiodo gli scarpini
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Dopo una lunga e vincente carriera sui campi da calcio, Sami Khedira ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo e di iniziare una nuova vita: l'ex centrocampista tedesco, un passato con Real Madrid e Juventus, si è lanciato nel mondo del caffè, oltre a rimanere appassionato di pallone grazie ai suoi ruoli da opinionista. A La Gazzetta dello Sport racconta come siano cambiate le sue abitudini: "La vita è bella, al 100%, ma è diversa. Niente allenamenti e partite, niente impegni per club o sponsor. Allora mi sono detto: prendo un anno sabbatico e sto in vacanza. Dopo 15 giorni mi ero già annoiato e mi sono chiesto cosa stessi facendo. Quindi ho cominciato il corso da allenatore e il programma biennale di sport management della Uefa, poi ho dato il via a Balira. E ho iniziato a viaggiare per espandere le mie conoscenze: incontrando allenatori e presidenti, vedendo partite...".

Mai fermo, come in campo.

"Infatti non ero mai a casa e mi sono accorto che stavo esagerando (ride). In più pensavo di poter mangiare ciò che volevo, ma tra cibo, sonno irregolare e viaggi, stavo ingrassando… Adesso cerco un punto di equilibrio, anche per riposare e passare tempo in famiglia. Per ora sento di farlo bene, non ho vissuto nessun “buco nero” depressivo. Ho anche consultato un life coach che mi ha aiutato a programmare la mia seconda vita e a gestire le emozioni. Però capisco i calciatori che soffrono: conoscevo il rischio e ne ho parlato con la famiglia. L’opinionista, poi, non lo faccio per rivedermi in televisione, ma per imparare a spiegare il calcio nel modo più semplice possibile per il pubblico".

Come è nata l’idea del caffè?

"Prima di arrivare a Torino preferivo il cappuccino o il latte macchiato, l’espresso era troppo forte per me. Alla Juventus, però, ho visto Bonucci, Chiellini e Buffon berlo sempre, dopo pranzo. Lo trovavo un rito elegante: ho comprato la macchina del caffè a casa e mi sono appassionato. Non ne bevo tanti, per via del mio cuore, ma di qualità. Poi, come voi sapete, all’estero è difficile trovare un buon espresso: o è troppo caldo, o è troppo freddo, o è annacquato".

E ha fondato Balira solo dopo il ritiro?

"Sì, so che molti iniziano a “fare affari” quando sono in attività: non giudico, ma per me se sei un calciatore di alto livello non hai tempo per concentrarti su altro. Giochi ogni tre giorni, ti alleni, viaggi. Da imprenditore devi investire molte energie: in attività non sarei riuscito a incontrare persone, vedere clienti, viaggiare…".

Da imprenditore, che qualità ha ereditato dalla carriera da calciatore?

"La costanza. Ci sono tanti inconvenienti e cose di cui preoccuparsi, dalle fatture alle materie prime che possono arrivare in ritardo. E a volte bisogna ripartire dopo una delusione. Il calcio è uguale, perché puoi perdere o infortunarti, ma poi devi dare il massimo anche nei giorni storti. E poi la comunicazione: era fondamentale in campo e fuori, con compagni e allenatori, con i media e i giornalisti. Ora è lo stesso, dai clienti ai soci. Non è un copia-incolla dal passato, ma un riutilizzo delle capacità sviluppate nel tempo".

Ha coinvolto ex compagni di squadra nel business del caffè?

"Ho spedito delle gift box ad alcuni di loro per ricevere pareri: tutti molto soddisfatti".

Qual è stato l’aspetto più difficile di questa nuova sfida?

"Convincere le persone, non basta aprire lo shop online. Non stiamo solo producendo caffè, stiamo raccontando una storia. All’inizio è stata dura trovare la strategia, come nel calcio: parti con il 4-4-2, ma poi devi passare al 4-3-2-1. Non per questo ci snaturiamo: il prodotto è di qualità come la produzione, è un marchio “di lusso” e puntiamo sempre in alto".

Quattro linee di caffè, una per ogni città in cui ha giocato.

"A Stoccarda c’è soprattutto caffè lungo o americano: i miei genitori si lamentano che quello chiamato “Torino” è troppo forte per loro. A Madrid è tipico il “cortado”, un macchiato con più latte, quindi abbiamo scelto una variante più cremosa. Per Torino abbiamo optato per un sapore forte con un sentore di cioccolato, pensato come ristretto o espresso. E infine Berlino, una città che come tutto il nord Europa non apprezza un gusto forte. Io preferisco un tipo di caffè, ma devo capire anche quello degli altri".

Ultima domanda: con tutti questi impegni, c’è voglia di tornare attivamente nel calcio?

"Assolutamente, sono aperto a nuove avventure. Non cerco una società dove essere una figurina o una mascotte, voglio portare conoscenze ed esperienza. È questione di ruolo, di persone e di club. E del momento giusto".