Fu Baggio a indirizzarla alla preghiera.
«Ero in ritiro a Folgaria e lo chiamai. Avevamo giocato insieme all’Inter nel 1998-99. Lui era già Roby, io un diciottenne dai capelli biondo platino che anni prima aveva detto no alla Juve. Gli chiesi come avesse fatto a uscire dall’incubo infortuni e mi parlò del buddismo. Una svolta. A casa ho creato uno spazio spirituale, un mini tempio tutto mio dove mi rifugio quando le cose vanno male».
Nel suo libro, “Istinto puro”, ha raccontato di essere cambiato.
«Ora so gestire la rabbia e le emozioni. Dopo l’infortunio del 2011, dove sono rimasto fuori sei mesi, ho avuto bisogno di un aiuto psicologico. Avevo 30 anni, in piena separazione da mia moglie e con un’altra lesione. Mi crollò il mondo addosso, ma sono fiero di essermi fatto aiutare. Da solo non ce l’avrei fatta».
Nel 2019 rischiò addirittura di morire, invece.
«Una malattia autoimmune. Tosse, raffreddore, febbre e la paralisi alle gambe. Scrissi un testamento in caso di morte. Per un mese non sono riuscito a camminare, poi il corpo ha creato degli anticorpi. È stato il periodo peggiore della mia vita. Chiuso in un ospedale in terapia intensiva, in un letto minuscolo. La famiglia e la fede mi hanno aiutato, come il destino: nel 2016 ho scampato l’attentato sulla Promenade des Anglais a Nizza per un ritardo del volo…».
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