Perché, a suo avviso, quel video non ha fermato l’ondata di odio e di scherno?
—«Forse non era il momento giusto, continuavano a uscire notizie contro di me. Ma si stava mettendo in gioco tutto, si andava molto oltre i giudizi sull’operazione in sé, la strumentalizzazione era completa. E, quando sei dentro una gogna mediatica, ti sembra che tutte le persone ti stiano accusando, invece, basta uscire un attimo di casa per accorgerti che non è così. Infatti, non ho mai incontrato qualcuno che mi dicesse “sei una criminale”, ma solo persone che mi dicono: “è un’ingiustizia, ne uscirai a testa alta”».
Nel video, ammette «un errore di comunicazione». Sulle attività di beneficenza, cosa intende fare?
—«Ci siamo resi conto che alcuni processi di analisi interna avrebbero potuto essere gestiti meglio. E stiamo lavorando per migliorare alcuni profili organizzativi. Ho sempre pensato che, se hai trenta milioni di follower, se fai beneficenza e ne parli, crei un effetto emulativo. Durante il Covid, io e Federico abbiamo donato 50 mila euro a testa, ma comunicandolo, il crowdfunding è risultato il più sostanzioso d’Europa raccogliendo quattro milioni e mezzo. Per questo, quando possibile, la mia ratio è stata che, nell’ambito di operazioni commerciali tra le mie società e un partner, fosse semplicemente una buona idea provare ad aggiungere una parte di beneficenza anche piccola rispetto al contratto. Ho sempre pensato che, fra niente e poco, era comunque del bene che veniva fatto».
Si indaga anche perché, dal cartiglio sul pandoro e da come lei ha promosso l’iniziativa, sembrava che acquistando il prodotto si contribuisse a fare beneficenza.
—«Nel cartiglio e nei post, però, abbiamo sempre scritto e detto che “Ferragni e Balocco sostengono l’ospedale...”, mai che una percentuale delle vendite sarebbe andata in beneficenza».
Una cosa che ha colpito l’opinione pubblica è la sproporzione tra il suo cachet, più di un milione, e la beneficenza, 50 mila euro.
—«Parlare di cachet è improprio: la cifra è il compenso dato alle mie società per i miei diritti di immagine, per la promozione e l’intera operazione. Non si deve far confusione tra la persona fisica Chiara Ferragni, il brand e le aziende. Inoltre, senza l’operazione, la donazione non sarebbe stata fatta».
La procura dice che, nell’operato delle società, c’è stato un unico disegno criminoso tra più operazioni: Balocco, uova pasquali di Dolci Preziosi e bambola Trudi.
—«Queste operazioni rappresentavano una percentuale esigua del nostro fatturato. Non comprendo come si possa ipotizzare un disegno criminoso: se così fosse, la maggior parte del fatturato dovrebbe dipendere da queste attività. Per fortuna, se c’è un effetto positivo di questa vicenda, è che ora abbiamo un Ddl beneficenza o Ddl Ferragni col quale tutto sarà più chiaro. Se ci fosse stato prima, avremmo scritto sul cartiglio “Ferragni e Balocco sostengono il Regina Margherita con una donazione di 50 mila euro fatta da Balocco”. Nessuno avrebbe potuto dire niente e ci faceva onore comunque».
L’anno scorso avete avuto ricavi per 28 milioni di euro, un grande successo. Forse avete sottovalutato la dimensione raggiunta?
—«Sicuramente. Non eravamo strutturati abbastanza. Siamo tutti giovani, principalmente sotto i 40 anni. Il mondo in cui opero è nato con noi e noi avevamo la presunzione molto naïve di fare un lavoro che, prima, non esisteva e che ha raggiunto fatturati da media impresa. Forse non eravamo neanche mentalmente preparati. Ci piaceva che tanti ci dicessero “bravi” o “siete così smart”. Quella dell’Agcm è stata la prima bastonata, la prima volta che qualcuno ci ha detto con durezza e pubblicamente che avevamo fatto male qualcosa e che ho pensato “cavolo, eravamo in buona fede, ma evidentemente potevamo fare meglio”. Ora, sono fiera dei miei ragazzi ma so che serve un rafforzamento della struttura con persone con più esperienza di me e di quelle che sempre in buona fede mi hanno aiutato».
Parla di gogna mediatica, ma non le sembra ovvio che una persona famosa come lei finisca più di altri sotto la lente dei media?
—«Per due mesi si è parlato di me come se fossi una criminale. Quando è scoppiato il caso, gli hater non hanno attaccato Balocco perché dicevano che ci sono gli operai, ma anche per le mie società lavorano 50 famiglie. Sono abituata ad avere persone che mi supportano, ma anche hater, però cercare ogni giorno una notizia anche falsa per volere la mia disfatta è stato eccessivo da sopportare anche per me. Poi ho l’impressione che faccia più clic dare enfasi a qualche hater piuttosto che alla maggioranza silenziosa che magari la pensa in altro modo».
Quando ha realizzato che la situazione era più grave di quanto potesse preventivare?
—«Dalla pronuncia dell’Agcm, vedendo anche come si è deciso di renderla pubblica: con un comunicato in cui c’erano anche i compensi delle società».
In questi due mesi ha avuto paura che tutto questo potesse finire per sempre?
—«Non è il primo momento in cui ho questa paura: la paura è costante. In questo lavoro temi di non piacere più. Per questo ho lavorato su me stessa. So che non posso piacere a tutti, ma a quelli che mi seguono piaccio perché sono me stessa, perché cerco di ispirare verso cose positive. Questo è il mio modo di comunicare e io senza comunicare non riuscirei a vivere: mi piacciono anche le critiche, se costruttive. Ho cambiato tanto di me, ascoltandole».
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