Che genitori siete?
«Siamo super complici in tutto, nel lavoro come in famiglia. Abbiamo scelto un percorso di esclusività senza mettere tra noi e Matilde persone estranee. Ci siamo divisi i compiti. Abbiamo avuto anche difficoltà nell'organizzazione, in quei casi i nonni sono stati fondamentali».
Come ha vissuto la maternità?
«Per una donna indipendente e abituata a fare tremila cose in un giorno, è stata tosta. Poi io sono sempre stata molto magra e vedere il corpo che cominciava a cambiare non è stato facile, anche perché all'inizio desideravamo tenere per noi questa nuova condizione ma io mi vedevo diversa e temevo che tutti capissero il mio stato. Ma quando la pancia si è messa in mostra definitivamente e ormai la notizia era di dominio pubblico, ho capito che quel girovita non più sottile non era poi così male. So che può far sorridere, ma l'unica cosa che non ho mai tollerato e con la quale anche oggi faccio fatica a convivere è l'esplosione di un seno importante. Ho imparato ad accettarlo perché è funzionale alla causa, ma non lo sento mio».
E dopo la nascita di Matilde com'è andata?
«Sulla carta ero pronta a dire: mi metto completamente a disposizione di questa bambina 24 ore al giorno e lascio da parte per qualche mese la mia vita. Ma quando poi sei lì nulla è così scontato. Forse anche perché ho scelto di fare un percorso di allattamento a richiesta che ti coinvolge completamente: i primi 40 giorni faticavo a uscire di casa, avevo mia figlia sempre attaccata. Allora ho capito quanto sono privilegiata ad avere accanto una rete che faceva squadra e mi supportava. Senza Matteo e i nonni, non ce l'avrei fatta».
Sta già pensando a un secondo bimbo?
«No, no. So che ai nonni piacerebbe, ma non si esprimono perché mi vogliono bene. E comunque io e mio fratello abbiamo due anni di differenza e mia mamma mi ha sempre detto di non farli così vicini, è dura con due bambini piccoli entrambi ma con esigenze diverse. Così io ascolto la mamma e aspetto». (sorride divertita).
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