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Ex Falconiere Lazio esplode contro Lotito: “Lo denuncio, non pagava. Sotto scorta perché…”

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Le parole di Juan Bernabè contro il presidente biancoceleste nel corso dell'intervista concessa oggi a Radiosei
Gastone

"Ho sempre rispettato il presidente, ma quello che ha fatto nei miei confronti è inammissibile. Sarà la legge italiana a risolvere la situazione, sicuramente io lo denuncerò". Juan Bernabè, ormai ex falconiere della Lazio, divenuto famoso per aver spiattellato sui social le immagini dei risultati del suo intervento di installazione di protesi peniena, ha superato la fase della grande tristezza per il divorzio con il club. In questo momento ha un solo obiettivo: vendicarsi con Claudio Lotito. Lo ha ribadito anche oggi, nel corso di una intervista concessa a Radiosei.

"Sono una persona forte, con una mentalità che mi permette di affrontare la vita con tutto ciò che ha da offrire - ha detto Bernabè -. Non c'è possibilità di rivedere Olimpia all'Olimpico, vista l’etica mostrata dalla Lazio e in particolare dal presidente Lotito. La Lazio è una famiglia gigante, ma il presidente Lotito ha approfittato della situazione per cacciarmi via dal club. Il rapporto tra me e il presidente Lotito non è stato mai idilliaco: sicuramente ha fatto cose molto importanti per il club, ma la sua metodologia di lavoro non è mai stata corretta, anche nei miei confronti", ha detto Bernabè.

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Ormai la questione è strettamente personale. E Claudio Lotito è il bersaglio continuo delle parole di Bernabè: "Si è sempre comportato in maniera ingrata nei confronti dei suoi dipendenti, anche con i calciatori. Ho visto diversi giocatori piangere per il modo in cui venivano trattati. Per sette mesi all'inizio del mio rapporto col club non sono stato pagato, mi sono sacrificato anche economicamente per la Lazio. Sono io che ho avuto l’idea di portare l’aquila alla Lazio: durante il nostro primo incontro il presidente Lotito russava sulla sedia, mancandomi di rispetto".

Addirittura fino ad accuse molto molto gravi: "Lotito non gira con la scorta per proteggersi dagli ultras, ma perché ha sfasciato tante famiglie in giro per l'Italia - ha affermato il falconiere -. Sarò un martire della Lazio, ma dirò tutto quello che so affinché lasci la Lazio, perché non può più essere presidente. Lui mi ha diffamato dicendo che non mi posso più avvicinare ai bambini, mica sono un pedofilo.

Io dovevo guadagnare 20mila euro, questo era stato pattuito. Sapete la strategia che usa lui? Non paga per 7 mesi, e quando sa che la persona si trova con l’acqua alla gola, fa dire dal segretario generale Calveri, il suo boia, di firmare un contratto al ribasso o di fare causa. La mia colpa è stata quella di essermi avvicinato alla gente laziale. Lui odia il sentimento di lazialità e allontana tutti: Radu, Di Canio e altri mille. Vuole che io lasci Formello, ma me ne andrò quando la legge mi costringerà ad andarsene".