Certo che sarà durissima…
"Le difficoltà ci sono, non lo nego. Ma ho Luca, un marito eccezionale. Inoltre ho avuto la fortuna di poterlo fare anche grazie al sostegno del c.t. Cerioni che è quello che ha scommesso su di me. Al rientro mi ha detto: 'Non sei in forma? Non m’interessa, ti metto in squadra e vediamo'. E poi mi ha sempre fatto venire in ritiro con la squadra anche col pancione, mi ha sempre coinvolta".
Come nasce la passione per la scherma?
"Da mamma Pina. Avevo sei anni, decise così perché la seguiva in tv. Nessuno aveva mai fatto scherma in famiglia. Mamma, calabrese, era casalinga e aiutava papà Marco, monzese, nella sua ditta di generi alimentari. Mia sorella Giada invece faceva pallavolo e anche io l’ho praticata per qualche anno. Diciamo però che quando sono entrata a Monza nella palestra di scherma non ne sono più uscita…".
Quando ha capito che la piccola Arianna avrebbe vinto medaglie su medaglie?
"Gli allenatori intuirono subito che avevo talento. Devo tanto a due maestri che ora non ci sono più: Giuseppe Davidde ed Ermes Cassago. Da noi il maestro è una figura non fondamentale, di più, è un secondo papà. Io non ero mai contenta. Vincevo a livello giovanile e pensavo sempre allo step successivo, ogni step era un mondo diverso, da conquistare".
Arianna, perché un bambino o una bambina dovrebbe fare scherma?
"È uno sport completo, molto tecnico, fisico, mentale, individuale ma hai bisogno di allenarti coi compagni. E c’è sempre un avversario diverso che è anche la parte più divertente: basta?".
Ha mai pensato di mollare?
"Certo. Fare scherma ad alti livelli ti porta all’estremo in varie situazioni. Non vedi quasi mai la famiglia, non fai la vita che fanno la maggioranza degli amici. Meno male che i risultati alla fine hanno sempre compensato i problemi".
E in futuro?
"Farò la mamma. Mi piacerebbe restare nell’ambiente, vedremo. E vorrei avere tempo per fare un po’ di teatro, è un mondo che mi ha sempre affascinato".
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