«Da matti. Non ho nemmeno guardato l’esercizio di Simone. Mi stavo rivestendo e ho sentito come un boato del pubblico. Ho capito che era caduta e mi sono detta “vabbè, sono argento”, perché poi c’era Rebeca Andrade. E già così mi sembrava tutto incredibile. Lei ha fatto un bell’esercizio, ma mi è finita dietro. Non ho capito più nulla, in quel momento».
Suo padre, Massimo, vigile del fuoco impegnato anche nei primi soccorsi dopo il crollo del Ponte Morandi, e scomparso nel 2022 per malattia, sarebbe stato orgoglioso di lei.
«La sua perdita è stata qualcosa di immenso per noi. Ogni gara la dedichiamo a lui e questa medaglia è sua, davvero. Perché è lui che ci ha incoraggiato a fare ginnastica, era il nostro primo tifoso. Abbiamo pensato, io e Asia, tante volte di mollare tutto dopo gli infortuni. Ma è sempre il pensiero di lui a tenerci attaccate a questa vita faticosa e bellissima».
Lei e sua sorella avete lasciato Genova per Brescia dieci anni fa: sente di aver rinunciato del tutto all’adolescenza?
«Se una cosa che fai ti piace non sono mai sacrifici, tutto ti pesa poco. La ginnastica è uno sport faticoso a livello fisico, dispendioso a livello nervoso. Non è una vita normale, ma non è distruttiva. Se lo fosse, non la vivrei, l’avrei lasciata da un pezzo».
Cosa sente di aver lasciato indietro, nei suoi 21 anni?
«La vita sociale è impossibile per noi, che siamo otto ore al giorno in palestra e abbiamo dieci giorni di vacanze l’anno. Ma se non l’hai mai avuta una cosa, non può mancarti».
Tenere la linea, gestire il peso, fare rinunce a tavola le pesa?
«Abbiamo un nutrizionista, ma non una dieta rigida, dura. Io non riesco a rinunciare ai dolci, vad o pazza per la cheesecake. Me la concedo spesso e volentieri».
Come quella americana. Quella di Simone Biles, ad esempio.
«Lei è un prodigio di forza ed eleganza al tempo stesso. Ma se dovessi scegliere una ginnasta per la sua eleganza, quella è la brasiliana Rebeca Andrade, oro a Parigi al corpo libero con un esercizio da brividi».
Simone Biles si è lamentata per l’ambiente a Bercy, nella gara alla trave, per lei troppo silenzioso.
«Sono abituata, in quel minuto e mezzo, ad estraniarmi, a non sentire nulla di quello che accade intorno a me. Può anche venire giù il palazzetto, non me ne accorgerei.
A Bercy, in effetti, c’era un silenzio tombale, ma non mi ha dato assolutamente fastidio, è una routine mentale: entrare in un mood, come se fossi a una seduta di yoga».
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