
Il sogno nel cassetto
—Rimpianti?
«No. Però è stato un periodo formativo, ho avuto dei maestri molto bravi. Il mio vero rimpianto è legato al calcio. Una cosa fantastica, mio nipote si chiama come me e io gli ho già preso una trentina di scarpette da calcio: se lui non fa il calciatore io divento matto, impazzisco. Non vedo l’ora di accompagnarlo su un campo. Inutile parlare di libertà, il suo destino è segnato, poveretto».
Davvero?
«Certo. Se mi dicono che non faccio ridere non me ne frega niente ma se mi dicono che non ho saputo giocare a calcio è l’offesa più grande».
E quale è la verità?
«Io ero molto bravo tecnicamente, ma un po’ lento. Sono arrivato alla Serie D ma a un certo punto capisci che non potrai fare più il calciatore a livello alto e se vivi quello sport visceralmente, come faccio io, soffri. Non aver giocato in Serie A è stato il mio cruccio ma l’ho sfiorata, nel 2006, quando grazie a Simona Ventura e "Quelli che il calcio" sono stato tesserato con il Parma. Non ho mai debuttato ma ero finito anche nel Fantacalcio e due ragazzi di Sassari, di cui poi sono rimasto amico, mi avevano preso».
Conosce calciatori che fanno ridere?
«Cassano fa molto ridere. Anche Totti fa ridere, solo inconsapevolmente».
Qualcuno si è mai offeso per i suoi «ritratti»?
«Ricordo che Materazzi qualche volta si era offeso quando lo citavo... poi gli è passata».
Cosa diceva di lui?
«Ma niente, che quando giocava a calcio era un angioletto, uno che non aveva mai fatto un fallo, cose così...».
© RIPRODUZIONE RISERVATA