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Getty Images
Stefano Tacconi, ex portiere della Juventus, racconta episodi salienti della sua vita e carriera, con particolare attenzione agli anni trascorsi a Milano, città alla quale è tuttora legato e dove vive con la famiglia. "Milano negli anni Settanta era di commovente bellezza, con le sciure che prendevano il tè in centro, corso Vittorio Emanuele punteggiata di boutique, il Cynar con i tavolini rotondi... Ti veniva di avere paura, però: bastava uscire nel giorno sbagliato o imboccare la strada sbagliata e volavano i cubetti di porfido. Era una guerra che nessuno voleva chiamare col suo nome, ma la gente è morta lo stesso. Un ragazzo addirittura davanti ai miei occhi", racconta l'ex portiere nella sua autobiografia 'L'arte di parare'.
"A Milano vivevo con Roselli (un compagno di squadra, ndr) in viale Famagosta, in un appartamento dove l'Inter alloggiava i giovani calciatori che venivano da fuori. Per la prima volta nella mia vita avevo una stanza tutta per me. Ci alzavamo la mattina presto, facevamo colazione, poi ci caricavamo sulle spalle la borsa con scarpe, ma scappavo, ma a volte mi è capitato di incrociare personaggi noti, come Riccardo Fogli e Patty Pravo, e in quelle occasioni avevo imparato come si faceva. Di conseguenza, siccome il denaro scarseggiava, negli anni all'Inter mi ero proposto al gestore della Trattoria Toscana come cameriere, e lui mi allungava diecimila lire per servire ai tavoli la domenica sera".
"Negli anni all'Inter, comunque, i miei problemi economici erano ben altri. Uno dei più ricorrenti erano i soldi per le sigarette. Avevo cominciato a tredici anni. Tutta colpa di mio padre, che mi mandava a comprarle, e del tabaccaio, che come resto, al posto degli spiccioli, mi dava caramelle oppure altre sigarette sciolte. «Cosa vuoi oggi?», mi chiedeva. «MS o Nazionali?». Costavano cinque o dieci lire l'una: erano preziose e proibite, irresistibili. Mi fermavo all'angolo a fumare e a tossire. Quando ero all'Inter fumavo già due pacchetti al giorno".
"Avevo le mie regole, che si potevano sintetizzare nella frase: dal lunedì al venerdì faccio quello che voglio. Zero limitazioni. Infatti fumavo due pacchetti al giorno, mangiavo a piacimento. Se capitava l'occasione giusta per uscire a divertirsi, non avevo dubbi: salivo in macchina e, da Torino, raggiungevo gli amici a Milano, dove la dolce vita era un po' meno sabauda. La mattina dopo in qualche modo mi alzavo e andavo ad allenarmi. E il mio corpo dietro, senza dar segni di cedimento: mai un'aspirina, per capirci. Se la tua normalità è questa, per forza poi ti senti immortale".
(Milanotoday.it)
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