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Colombari: “La donna non è una preda, gli abusi dovrebbero essere sempre condannati”

La moglie di Costacurta ha parlato in occasione del festival Mythos: la donna 2.0

Redazione Golssip

Martina Colombari è stata una delle protagoniste del festival Mythos: la donna 2.0. In quell'occasione ha parlato di donne anche del movimento #MeToo:«Non dobbiamo fare la guerra agli uomini, ma prenderci per mano. Essere alleati. È un momento storico e sociale molto difficile, è il tempo in cui si fanno i conti: si è capito che non si può più andare avanti come prima». Qualche giorno fa Martina aveva espresso dubbi in merito alla vicenda relativa a Cristiano Ronaldo.

Il caso Weinstein: «Finalmente le donne hanno iniziato a parlare, a denunciare gli squilibri di potere che, ovviamente, non riguardano solo Hollywood o il nostro mondo dello spettacolo. Certo alcune situazioni sono state strumentalizzate, ma nei momenti di rottura è inevitabile che ciò accada. Era completamente sbagliato l’atteggiamento che molti uomini hanno avuto per decenni: la donna non è una preda, e gli abusi di potere, non solo sul lavoro, dovrebbero essere sempre condannati».

È cambiato qualcosa? «Assolutamente sì, adesso gli uomini stanno molto più attenti, hanno smesso di fare i coglioni. Certo questo non significa che non si può più fare un complimento a una donna, ma ci sono modi e luoghi adatti. Io ho iniziato a lavorare a 16 anni, ero una ragazzina di Riccione sbarcata a Milano e già allora avevo gli stessi ritmi di oggi. Per fortuna me la sono cavata. Sono riuscita a tirarmi fuori dalle situazioni ambigue sempre un attimo prima. I provini in hotel li ho fatti anch’io, ma mi sono sempre fatta accompagnare da qualcuno. Non sono mai rimasta da sola. Certo ho incontrato uomini più grandi che mi hanno messo in soggezione e questo mi ha fatto crescere in fretta: per “sopravvivere” ho indossato una corazza, una sorta di armatura che mi sono portata dietro per anni e un po’ mi ha indurita. Così spesso c’era chi, a primo impatto, mi definiva algida, o mi chiamava “generale”. Adesso mi fido di più ma perché sono una donna adulta, sono moglie (di Alessandro Costacurta, ndr), mamma (di Achille, 14, ndr), posso permettermi di stare meno all’erta».

Uomini «sesso forte»?«Mi viene da ridere, un uomo che oggi pensa di esserlo è un poverino. Ma, purtroppo, esistono ancora troppi pregiudizi di genere e luoghi comuni in vari ambiti. Per esempio, spesso, quando mi capita di salire su un aereo e il pilota è donna vedo ancora sguardi di diffidenza, disapprovazione. Poi succede anche che la nazionale di calcio femminile si qualifica ai Mondiali e quella maschile no. Certo, ci sono alcuni ambiti in cui una donna può essere più brava di un uomo e campi in cui un uomo riesce meglio, è fisiologico. Ma io non voglio diventare un uomo per essere rispettata, non voglio appropriarmi delle caratteristiche maschili per essere ascoltata. L’espressione “donna con le palle” è sbagliata, basterebbe dire “una donna che si fa sentire”, ed evitare il continuo paragone con gli uomini. Una donna senza un uomo non va da nessuna parte e viceversa. Ognuno deve tirare fuori il meglio dall’altro. Ma purtroppo c’è ancora chi punta sulla maggiore forza fisica. Gli uomini violenti hanno una mente malata, distorta. E non c’è solo la violenza fisica, fa molti danni anche quella psicologica. È sbagliato anche solo alzare la voce contro una donna, è solo un modo per farla sentire più debole».

Lei e suo marito state insieme da oltre vent’anni. Come riuscite a essere squadra?

«Non ci siamo mai annullati. Abbiamo un figlio che è il frutto del nostro amore, ma restiamo due individui distinti.  Uniti ma non sovrapposti. Dove non arriva lui, arrivo io e viceversa. In sintonia e mai rivali».

 Quali sono gli errori, secondo lei, che ancora oggi si commettono quando si parla di parità di genere?

«Intanto non bisogna mai mortificare la propria femminilità. Io per essere presa sul serio non ho mai sentito il bisogno di cambiare, né di nascondermi. Posso essere credibile anche se indosso il tacco 12 o un abito da sera. Se devo fare un colloquio di lavoro, non mi copro. Voglio rimanere donna, devo avere il diritto di sentirmi a mio agio indipendentemente da ciò che indosso. E poi quando una donna ha successo, questo non dovrebbe essere enfatizzato come fosse un’eccezione, una rarità. Capisco il fine dietro le “quote rosa”, ma adesso dovrebbero essere superate, andrebbe premiata solo la meritocrazia. Va bene assumere otto donne, se lo meritano, e due uomini, e viceversa. Non ha senso volerne per forza cinque e cinque. Non è che una cosa me la merito solo in quanto donna».

Quale pensa sia, invece, la maggiore difficoltà a cui oggi una donna va incontro?

«Dovrebbe esserci un maggiore supporto per le mamme che lavorano. Se una donna vuole fare la mamma e continuare a lavorare, dovrebbe essere aiutata di più. Ovviamente conosco tante donne che i bambini non li hanno voluti. Chi perché magari non se la sentiva di mettere un altro umano al mondo o chi invece non era disposta a fare delle rinunce. E va bene così. Le donne devono essere libere di non diventare madri ma se lo vogliono essere, devono essere sostenute».

(Vanity Fair)