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Diletta Leotta: “I commenti sulla mia pagina? Alcuni orrendi, come conduttrice penso…”

L'intervista a Vanity Fair

Sabine Bertagna

Diletta Leotta si è raccontata in una lunga intervista a Vanity Fair. A partire proprio dalle sue prime esperienze da tifosa nel mondo del calcio: "Da bambina, con mia sorella, mio fratello e mio padre, nella mia Catania. La partita più bella? Palermo-Catania, 0 a 4, con gol da centrocampo di Mascara. Indimenticabile. I calciatori preferiti di allora? Io e mia sorella avevamo i santini di Totti e Del Piero. Era il Mondiale del 2006 e loro erano i nostri eroi".

Le prime esperienze in tv: "Il primo programma di calcio fu Sala Stampa, su Antenna Sicilia, a 17 anni. I miei genitori? Mio padre mi lasciava fare tutto, a una condizione: che mi laureassi. Dopo il diploma mi disse: “Puoi decidere, Architettura, Medicina o Giurisprudenza”. In disegno ero negata, in medicina pure – e ancora oggi se vedo una pellicina svengo – così mi buttai sulla terza. In fondo venivo da una famiglia di avvocati. Come è andata?All’inizio non benissimo. Il primo anno mi ero trasferita a Roma per Sky. Non era facile studiare e lavorare insieme. Dopo un po’ mio padre mi fece un bel discorso. Iniziai a studiare. Riempivo interi quaderni di appunti, sottolineavo i libri con tre colori, sviluppai una memoria fotografica che ancora oggi mi torna utile nel lavoro".

Fissazioni e statistiche: «Sì, mi piace essere un po’ nerd, ma solo per essere più sicura di me stessa. Una conduttrice deve moderare, non ostentare la sua conoscenza. Ho parole ritrite che mi sforzo di non usare. Me le insegnò l’allora direttore di Sky Sport Massimo Corcione (attuale direttore di Open, ndr): squadra partenopea, serie cadetta, partita di cartello, posso andare avanti all’infinito».


Sessismo? «Né più né meno di quello che c’è negli altri settori lavorativi. Nello sport la donna sta emergendo prepotentemente, sia come sportiva che come conduttrice. Forse deve studiare di più degli uomini, ma chissene. Personalmente, credo che in Tv un uomo non sarà mai affascinante quanto una donna. Non parlo di bellezza fisica, di vestito o di manicure. Parlo di fascino, di potenza in video. Una donna forte, con una buona conduzione, riempie un programma molto più di un uomo».

Cristiano Ronaldo: «Il più potente».

Fabio Quagliarella: «Sempreverde».

Mauro Icardi: «Un campione che deve solo trovare la strada giusta per dimostrarlo».

La querelle tra la squadra, lui e la moglie Wanda Nara: «Forse la Nara ha aperto la strada alle mogli-manager. La prossima compagna di un calciatore che ne gestirà anche gli aspetti manageriali non dovrà subire tutte queste discussioni a volte esagerate. Non è una questione di schieramenti, ma secondo me tutta questa querelle ha ricevuto un boost a causa dei social, che amplificano tutto».

Quanto usa i social? «Tanto. Ho attivato un app che avvisa quando si raggiungono i 33 minuti di utilizzo di Instagram e blocca il social. Il primo giorno, me l’ha bloccato che non erano neanche le 9 del mattino... (ride) Ho eliminato l’app e risbloccato Instagram».

Commenti volgari sulla sua pagina: «Non capisco chi attribuisce tutta questa importanza ai social. Per me sono uno svago, un mezzo per vivere un momento di leggerezza. Al massimo comunico quello che ho mangiato a colazione, non affronto discussioni sui massimi sistemi. Instagram non va preso troppo seriamente e non è un parametro per capire il valore di una persona. Commenti? Li leggo, e sono migliorati. Alcuni sono orrendi – io stessa ho bloccato alcuni follower – molti altri ridicoli. Non vedo motivi per cui incazzarmi o rovinarmi una giornata. Mi occupo di calcio, ho un pubblico in maggioranza maschile, trovo normale che facciano riferimenti di questo tipo e non vi darei troppa importanza. Insomma, take it easy».

(Vanity Fair)

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