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Zenga: “Inseguo i miei figli per il mondo. Con mio padre periodi di blackout. Se…”

Zenga: “Inseguo i miei figli per il mondo. Con mio padre periodi di blackout. Se…” - immagine 1
In una lunga intervista a 7, il magazine del Corriere della Sera, l'ex portiere nerazzurro si racconta

Gianni

L'amore per l'Inter, la carriera e il sogno di sedersi sulla panchina nerazzurra. In una lunga intervista a 7, il magazine del Corriere della Sera, Walter Zenga si racconta. "L'Inter era il mio sogno di bambino che si avverava: tifavo Inter da sempre, andavo in curva, avevo fatto il raccattapalle a San Siro. E finalmente, dopo anni in provincia, tornavo a casa. Allenare l'Inter un sogno? Lo è sempre stato, ho fatto tutta la trafila delle giovanili, ho lavorato in sede, ora sono una legend. Nella vita è importante inseguire un grande sogno, fa niente se si avvera o no. La mia soddisfazione è che ancora oggi per strada i tifosi dell'Inter mi fermano ed è come se avessi smesso di giocare l'anno scorso. E anche quando qualcuno di un'altra squadra mi dice cose poco carine, non mi offendo: vuol dire che un segno l'ho lasciato nonostante l'ultima partita ufficiale sia stata l'11 maggio 1994".

"La mia fortuna è che ho sempre avuto un piano B per non stare a casa in attesa d'una telefonata. Ho fatto radio, tv. Sono mourinhiano: dove vado, divento un ultrà dei miei ragazzi. Ho avuto tanto da Catania e Palermo. A Crotone ho lasciato l'anima. Poi la Samp, il Venezia. Ogni città mi ha dato qualcosa. Mio padre? No, lui era juventino perso. Quando c’era Inter-Juve era un problema: se perdevamo io mi arrabbiavo, piangevo. Anche il mio primo figlio Jacopo è bianconero, siamo una famiglia strana. Però gli altri quattro figli sono dalla mia parte. Con mio padre ho avuto dei periodi di blackout per motivi che adesso mi sembrano sciocchi, ma che allora mi avevano ferito molto. Se tornassi indietro non perderei tempo".

Zenga: “Inseguo i miei figli per il mondo. Con mio padre periodi di blackout. Se…”- immagine 2

"Rapporto con i figli? Non è sempre stato sereno, non è facile quando vivi in un altro Paese, magari con un fuso orario differente. Ho imparato che l’importante è la qualità del tempo che trascorriamo insieme. Samira e Walter jr sono a Dubai, i più grandi abitano tra Milano e Roma. Un po’ ci rincorriamo, capita di vedersi in aeroporto mentre aspettiamo voli diversi e a volte riesco a cenare con Jacopo, Nicolò, Andrea. La cosa difficile è vederli insieme, ognuno ha la sua vita: Nicolò è stato in Africa per lavoro, Andrea gira sempre, Jacopo è anche un tenero papà. Per fortuna ci sono le videochiamate. Chi mi somiglia? Credo Andrea. Ha una testa dura come la mia, si avvicina molto al mio modo di essere, di pensare. Faceva il portiere. Nicolò è serio, direi serissimo, è vicepresidente di un’azienda. Jacopo è un attaccante, ha sempre giocato in serie D e in eccellenza, si è creato la sua strada da solo»

(Corriere della Sera)