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golssip news Semenya vince a Strasburgo: “Non ha avuto un processo equo”

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Semenya vince a Strasburgo: “Non ha avuto un processo equo”

marco
La campionessa olimpica degli 800 metri Caster Semenya ha vinto una battaglia sulla lunga strada per il diritto a essere se stessa

La campionessa olimpica degli 800 metri Caster Semenya ha vinto una battaglia sulla lunga strada per il diritto a essere se stessa. Coinvolta in una dolorosa disputa con la World Athletics, che le ha impedito di gareggiare a causa dei livelli di testosterone che naturalmente ha nel sangue, la sudafricana ha ottenuto il favore della Corte europea dei diritti umani che ha riconosciuto come in Svizzera - dove ha sede il Tribunale arbitrale dello sport - non le sia stato garantito un processo equo. Un richiamo forte da parte di Strasburgo a una giustizia sportiva che non discrimini.

"Questa sentenza è un risultato positivo", ha gioito Semenya, chiedendo il "rispetto" per tutti gli atleti ed evidenziando l'urgenza di "mettere i loro diritti al primo posto". Ora la Svizzera dovrà ora rimborsarle 80mila euro per le spese legali. Il tribunale federale di Losanna - e prima ancora il Tas - secondo la Corte, non hanno esaminato "con il rigore dovuto" il ricorso della campionessa olimpica - classificata come avente "differenze nello sviluppo sessuale" ma sempre legalmente identificata come donna - contro le norme che di fatto l'hanno tagliata fuori dalle competizioni internazionali nella categoria femminile dal 2018. Il rispetto del diritto a un giusto processo, tutelato dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, "richiedeva un esame particolarmente rigoroso del suo caso", si evidenzia nel dispositivo.

La Cedu ha tuttavia chiarito che non vi sono state altre violazioni dei suoi diritti - compreso quello a non subire trattamenti inumani e degradanti - e non si è pronunciata sul nodo centrale del trattamento ormonale imposto all'atleta iperandrogenica. Pur condannando la Svizzera per aver violato il diritto a un giusto processo, la Corte ha dichiarato inammissibili le affermazioni di Semenya secondo cui sarebbe stata vittima di discriminazione. La Grande Camera ha stabilito che l'atleta trentaquattrenne non rientrava nella giurisdizione svizzera in merito a tale rivendicazione.

"La lotta non è finita, finché ci sarà ingiustizia, combatteremo", ha avvertito la campionessa presente a Strasburgo insieme ai suoi avvocati che ora esamineranno le possibili conseguenze. "La Grande Camera non si è spinta abbastanza oltre da riconoscere tutte le violazioni in questo caso", ha affermato all'Afp l'esperta di diritto sportivo e discriminazione di genere presso la Nottingham Law School, Seema Patel, "ma almeno ha lanciato un monito al mondo dello sport: i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere rispettati".