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Schwazer, scontati 8 anni stop per doping: “Luce dopo il buio dell’ingiustizia”

Schwazer, scontati 8 anni stop per doping: “Luce dopo il buio dell’ingiustizia” - immagine 1
Terminata la pena, che lo ha costretto a chiudere la carriera agonistica: "Ora libero in pista con miei figli"
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Fine pena 7 luglio 2024. Alex Schwazer torna un uomo anche sportivamente libero: dopo otto anni fatti di buio e tenui barlumi di speranza, e una battaglia legale senza esclusione di colpi da quando, alla vigilia dei Giochi di Rio 2026, la positività al doping di fatto chiuse la sua carriera agonistica, il marciatore olimpionico a Pechino 2008 rivede la luce. "Oggi scade il termine della ingiusta squalifica che ho dovuto scontare per intero - afferma in una dichiarazione all'ANSA l'altoatesino, che a dicembre compirà 40 anni -. Mi auguro che a nessun atleta venga mai riservato il trattamento che ho dovuto subire in tutti questi otto anni per difendere e tutelare il mio onore e la mia dignità, per provare la mia innocenza, per cercare di ottenere giustizia e per dimostrare la verità".

Una giustizia che in sede penale l'ex azzurro ha ottenuto, con l'archiviazione del caso e il riconoscimento da parte dei giudici di Bolzano che ci fu manipolazione della provetta. La tesi sui cui ha fondato tutto l'iter per dimostrare l'innocenza, che però in sede sportiva non è stata riconosciuta: anche le ultime istanze, quelle che chiedevano uno sconto per poter sperare nella qualificazione alle Olimpiadi di Parigi (al via il 26 luglio) sono state respinte. Per Schwazer quella al testosterone del 2016 era una seconda positività: la prima di tre anni e sei mesi risaliva al 23 aprile 2013. Si trattata di epo e lì il marciatore ammise di essere colpevole. Dopo quello stop il rientro per tornare ai massimi livelli e la scelta di affidarsi a Sandro Donati, coach paladino della lotta al doping.

Poi nel 2016 la positività (questa volta al testosterone) da sempre contestata dall'azzurro che fino alla fine ha cercato di dimostrare che erano stati alterati i campioni. Una vicenda che ha viaggiato ben lontano dalle piste di atletica, per diventare libri, una serie di Netflix, documentari quasi sempre dalla parte di Alex. C'è chi ha scritto che "tenere Alex lontano dai Giochi è un'offesa all'umanità e alla bellezza", ma alle Olimpiadi Schwazer ha dovuto rinunciare (l'ultimo no quello del Tas). Allenandosi tutti i giorni, chilometri e chilometri, ha alimentato la speranza naufragata di andare ai Giochi di Parigi, possibile e certo umano che ora il sogno sia tornare a competere da atleta.

"Ringrazio tutti quelli (pochi) che mi sono stati vicini in questo doloroso (ed infernale) percorso - dice l'ex azzurro -, quelli che non mi hanno mai abbandonato, quando sarebbe stato facile farlo, quelli che hanno lottato con me e sofferto assieme a me per l'ingiustizia che dovevo sopportare e per il trattamento che mi veniva riservato; ringrazio infine quelli (molti) che dopo aver compreso la mia innocenza ed estraneità ai fatti di cui ero stato accusato, mi hanno fatto sentire (seppur a distanza) il loro affetto e vicinanza, grazie! Il buio e le tenebre per l'ingiustizia subita faranno ora posto alla luce di un nuovo giorno nel quale potrò accompagnare i mei figli a gareggiare in una piscina o in una pista di atletica senza per questo incorrere in squalifiche (cosa che sarebbe avvenuta fino a ieri)". Firmato: "Alex". Già, i figli, i piccoli Ida e Noah, la prima luce nella seconda vita di Schwazer.

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