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Padovano: “Assolto dopo 17 anni di agonia. È stato orribile. Solo Vialli…”

Padovano: “Assolto dopo 17 anni di agonia. È stato orribile. Solo Vialli…” - immagine 1
Arrestato nel 2006, Michele Padovano è stato scagionato adesso nell'appello bis. In un'intervista racconta il suo calvario

Gianni

Arrestato nel 2006, Michele Padovano è stato scagionato adesso nell'appello bis, dopo quattro processi, tre mesi in carcere e nove ai domiciliari. Intervistato da Libero, l'ex giocatore della Juve racconta il suo calvario: "Ho vissuto momenti molto duri e devo ringraziare, prima di tutto, la mia fami- glia. Mia moglie e mio figlio che mi sono sempre stati vicini. Ero, sono innocente. Quando hanno letto la sentenza sono scoppiato a piangere. Siamo, scoppiati a piangere. Sia io che mia moglie Adriana che mio figlio Denis".

Ha pensato di mollare?

—  

«Alla fine prevaleva la consapevolezza della mia innocenza e mi dicevo che dovevo andare avanti per la mia famiglia. Dovevo trovare la forza per loro, l’avevo trovata quando ero in carcere e...».

Senta, ma come lo ha vissuto tutto questo tempo? Voglio dire, la sua carriera era lanciata: aveva la strada spianata verso la dirigenza sportiva. Com’è stato?

—  

«Io non ho mai guardato quello che potessero pensare gli altri, non è il mio carattere. Però la percezione era che con chi mi confrontassi cambiasse poco, c’era sempre quel pregiudizio che mi puntava addosso e... Posso farle una confidenza?».

Certo.

—  

«Non era tanto a me che dava fastidio. Se fosse finito nei miei confronti, amen. Era quando ricadeva su mia moglie e mio figlio. Nella vita non bisogna puntare il dito contro nessuno, questo l’ho imparato. All’epoca dell’arresto avevo già smesso di giocare, però sì: avevo una carriera spianata che era in rampo di lancio. Purtroppo questi fatti mi hanno tarpato le ali e ho fatto molta fatica, nonostante ci abbia provato eccome».

Padovano: “Assolto dopo 17 anni di agonia. È stato orribile. Solo Vialli…” - immagine 1

Come l’ha sbarcato il lunario?

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«Ho aperto un bar, ho investito in un cantiere navale, in un parco giochi. Ho avuto scarsi successi? Forse, però almeno non sono stato a casa con le mani in mano».

C’è qualcuno dei suoi vecchi compagni di squadra che le è stato vicino in questi diciassette anni?

—  

«Pochini, però voglio essere chiaro: è solo un dato di fatto, non una critica».

D’accordo. Pochini quanti?

—  

«Pochini due. Il primo è Gianluca Vialli, il secondo è Gianluca Presicci. Due amici, anzitutto».

Già, Vialli. E dire che avevano provato a tirarlo in ballo, com’era andata?

—  

«Era solo un titolo di giornale che ipotizzava una cessione di cocaina a Vialli... Facciamo così, lasciamolo riposare in pace. Erano tutte falsità, dagli atti è saltato fuori che non c’entrava nulla. Però in quel momento faceva comodo ampliare le cose».

Da come ne parla si capisce che eravate molto legati. È così?

—  

«È stato l’unico, assieme a Presicci, che mi è stato vicino. Quando io ero in carcere telefonava a mia moglie per sapere come stavo. Questo io non l’ho mai dimenticato, siamo sempre stati in ottimi rap- porti. C’erano molte affinità caratteriale, la sua mancanza oggi pesa molto».

(Libero)

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