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Morata: “Al Milan successe cose mai viste in carriera. Depressione e salute mentale…”

Morata: “Al Milan successe cose mai viste in carriera. Depressione e salute mentale…” - immagine 1
L'attaccante spagnolo si racconta, dalle difficoltà incontrate in rossonero ai problemi personali vissuti negli anni
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Alvaro Morata, attaccante spagnolo, nel corso di un'intervista concessa a La Gazzetta dello Sport si è raccontato a cuore aperto, dalle difficoltà incontrate al Milan ai problemi personali vissuti negli anni: "Là dentro sono successe cose che non avevo mai vissuto in carriera e che preferisco tenere per me, non mi sentivo più a mio agio e prima di diventare un problema me ne sono andato".

La stagione del Milan è stata molto negativa, qual era il problema?

"Non lo posso dire. I cambi repentini da un giorno all’altro non sono mai facili. Se inizi a giocare con una mentalità e poi improvvisamente cambi radicalmente ti può andare molto bene oppure no. Magari la nuova strada scelta a inizio stagione aveva bisogno di un po’ di tempo per essere battuta. Per i 6 mesi che sono stato li posso dire alcune cose: la prima è che non è vero che come ho letto in giro mi sarei pentito della scelta. Mai. È stato un onore vestire una maglia storica come quella del Milan. La seconda è che se è vero che in campionato non eravamo regolari abbiamo fatto belle partite: abbiamo vinto qui al Bernabeu, col Napoli abbiamo perso per dettagli minimi, bene al derby… Però hanno deciso di cambiare e non c’è molto altro da dire".

Lei è una persona d’esperienza, si è reso conto subito che col nuovo corso le cose non andavano?

"Si. Soprattutto a livello di comunicazione. Io cerco di essere rispettoso con tutti, ma ci sono certe cose che almeno a me non vanno bene e per questo, per evitare di creare problemi, me ne sono andato".

Come sta Alvaro Morata? Il 17 giugno esce un documentario su di lei che si intitola “Non sapete chi sono” nel quale si parla tanto anche di depressione e salute mentale.

"Ora sto bene. Guardo al futuro con fiducia. Ho voluto fare questo documentario per rivolgermi non solo agli sportivi ma alle persone, e sono tante, e molte molto giovani, che hanno paura di affrontare queste situazioni, di parlarne, di aprirsi. La paura di essere visti in modo diverso spinge a non cercare aiuto. Ho vissuto sul filo tutta la mia carriera, non sapevo cosa fosse la depressione fino a che non mi sono ritrovato nel buco più buio che una persona possa immaginare. Stavo malissimo, e quando stai così non conta nulla: soldi, posizione, affetti, niente. È una situazione tremenda che ti porta a prendere decisioni nefaste a livello famigliare e calcistico. Ora sto bene, ma il messaggio che voglio mandare è che una persona in crisi totale grazie all’aiuto di compagni, famigliari e specialisti si ritrova a giocare e a vincere un Europeo da capitano. Sono sicuro che questo documentario aiuterà tanta gente".

Le ha fatto piacere girarlo? È stata dura?

"È stato strano. Ogni tanto pensavo che i miei haters avrebbero avuto ancora più armi, ma sinceramente ora non me ne frega più niente. La depressione è su un livello di difficoltà più alto, ma attacchi d’ansia e di panico sono incredibilmente comuni tra i giovani e non ne parlano, non si aprono, non danno alla cosa la normalità che si merita per essere disinnescata. Nel documentario si vede come Iniesta, uno degli uomini più importanti nella storia del calcio spagnolo, mi chiamava ogni giorno per sapere come stavo e per spiegarmi situazioni e rimedi perché anche lui aveva vissuto lo stesso problema. Per questo penso che la visione possa aiutare tanta gente".