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Marcuzzi: “Adoro il cinema. Recitare nuda? Solo ad una condizione”

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Alessia Marcuzzi ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera per parlare anche della sua passione per il cinema
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Alessia Marcuzzi il 3 maggio affiancherà Carlo Conti su Rai 1 alla cerimonia di premiazione dei David di Donatello. La conduttrice e showgirl ha parlato proprio di questo al Corriere della Sera.

Lei dà l’idea di essere una finta leggera. Ha una sua inquietudine, dietro la freschezza e la simpatia.

«È così. Non a caso la mia attrice preferita è Monica Vitti. Ogni tanto qualcuno dice che fisicamente le somiglio. La bionditudine, la voce afona…Una fuoriclasse che ha unito la commedia al cinema d’autore».

Due mondi che faticano a dialogare. Ai David incontrerà gli autori. Lo sa che lì si prendono tutti sul serio?

«Me lo stanno dicendo, che poi fuori da quel contesto gli sono molto simpatici. Io non voglio averla la responsabilità di portare sorrisi, anche se non mi hanno chiamata certo per aprire le buste con i nomi dei vincitori. Cercherò di fare quello che mi verrà sul momento».

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Primo film visto?

«E.T. al Drive In, il cinema all’aperto a Casal Palocco, dove vivevo. Avevo 12 anni, per tanto tempo ho desiderato di volare con la mia bici e quel mostriciattolo nel cestino. Casal Palocco, come dice Nanni Moretti in Caro Diario, rimanda ai cani dietro ai cancelli, alle pizze nei cartoni, all’odore di tute indossate al posto di vestiti. Mio nonno aveva tre figlie a cui acquistò lì una casetta ciascuna».

Lei che ama Nanni Moretti è una notizia.

«Perché? Adoro il suo realismo e la sua ironia. E poi anche lui, come me, odia i sabot, le scarpe chiuse davanti e aperte sul tallone».

Lei ha recitato in Il mio west di Veronesi.

«Sono la maïtresse del bordello, amante di Harvey Keitel, mentre David Bowie mi violenta e uccide. Avevo 26 anni, mi sentivo in Paradiso. Non è da poco essere ammazzata da David Bowie. La sua presenza metteva a tutti una tensione incredibile, spaventava già prima del suo arrivo. Era educato, sempre vestito da cowboy, anche quando non doveva girare. Con Keitel siamo diventati amici, mi ha fatto un sacco di complimenti e mi ha consigliato di seguire i corsi di recitazione all’Actor’s Studio. Non l’ho fatto perché ho incontrato il papà di mio figlio Tommaso (Simone Inzaghi, allenatore dell’Inter). Ma io da quando ero piccola sognavo di diventare attrice. Da piccola in salotto davanti ai miei facevo le imitazioni di Ornella Vanoni e del salotto di Maurizio Costanzo. Volevo essere pagata, papà mi devi dare un soldino. Li sfinivo con spettacoli che duravano quattro ore. Ti pago se la smetti, diceva mio padre».

E più tardi...

«Mi iscrissi a Lettere con indirizzo Spettacolo. Quando a una lezione proiettarono La corazzata Potemkin mi addormentai, a me quel film ricordava Fantozzi. Poi cominciai a presentare in tv».

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Ha interpretato appena quattro film.

«Non ho rimpianti, ho fatto altro, forse non ero abbastanza portata».

Vede la Notte degli Oscar?

«Eccome, ogni anno costringo chi mi sta intorno a restare sveglio tutta la notte. Piango a ogni discorso di ringraziamento. Mia figlia Mia (ha 12 anni e vuol fare l’attrice) mi fa la parodia, prende una bottiglia d’acqua minerale fingendo che sia la statuetta, mi ruba un vestito e mi dedica l’Oscar».

In effetti lei rimanda alla conduzione dei reality, L’Isola dei Famosi, Il Grande fratello…

«Sono i cliché italiani. In America si può fare sia piccolo che grande schermo. Io il cinema lo amo. E l’amore aumentò quando stavo con Pietro Sermonti. Perfect Days di Wim Wenders, dove l’omino che pulisce i bagni ti fa pensare a non avere troppi grilli per la testa, mi ha fatto venire i lucciconi».

Se per un film le chiedessero di spogliarsi?

«Queste domande si fanno solo alle donne. Mhhh, aspetto che me lo chiedano Sorrentino e Lanthimos, il regista di Povere creature».

All’incontro sui David è caduta e le si è rotto l’abito.

«Il tacco è andato sotto la gonna…Cado spesso, sono maldestra. Il mio film straniero preferito ai David è quello che si premierà, Anatomia di una caduta di Justine Triet. Ma giuro che non è per il mio ginocchio sfracellato. Ancora oggi non ho capito se la protagonista è colpevole della morte del marito oppure no. Ai David lo chiederò direttamente alla regista».

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