Che idoli aveva da ragazzino?
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Karius: “Diletta Leotta? La sua popolarità non mi pesa. I sogni per il 2025…”
«Oliver Khan e Gigi Buffon, che purtroppo non ho mai avuto l’occasione di incontrare. Sono legato a Iker Casillas, che è stato sempre un avversario leale».
Si sente ancora un calciatore?
«Mi piace pensare di sì. Mi alleno con un coach da lunedì a venerdì in un campetto milanese. C’è stato un momento in cui ho pensato che fosse venuto il tempo di fermarmi: non avevo più motivazione. Ma poi mi sono chiarito le idee e al mercato di gennaio vorrei trovare una squadra. Stare a casa tutto il giorno non fa per me.
Voglio giocare, sono abituato a farlo ad alto livello, nei principali campionati di Germania, Inghilterra, Turchia; sono disposto ad andare all’estero, in Europa, però se non ci riuscissi non sarebbe un dramma: la mia carriera l’ho fatta, ho mia figlia, le mie passioni. La vita continuerebbe. Ho avuto qualche proposta, una anche dall’Italia, l’ho rifiutata. Ho 250 presenze in campionato, in una settimana sarei pronto a tornare tra i pali. Non voglio avere rimpianti: chiedo un’ultima opportunità».
Ha un piano B?
«Non è mai stato solo pallone, per me. Mi piace la musica, la ascolto e la produco; lavoro come deejay alle feste e agli eventi. Ho fatto il modello alle sfilate. L’importante è arrivare a sera soddisfatto, dopo aver passato tempo con Aria. Ho la possibilità di scegliere cosa fare, è un privilegio, ma il calcio mi manca, inclusi i sacrifici che richiede».
26 maggio 2018, la finale di Champions che il Liverpool perde con la sua decisiva collaborazione. Cosa ricorda?
«È passato tanto tempo, non avrebbe senso continuare a pensarci: non si può cambiare la storia. Certo una notte sfortunata, in cui tutto mi si è ritorto contro. Ho sbagliato, mi sono fatto male, non a tutti capita di ritrovarsi in una situazione così. Quella partita ha condizionato la mia carriera, ma non mi tormento. Non avrebbe alcun senso. Ho contribuito alla sconfitta del Liverpool con il Real Madrid, quella notte, ma ho partecipato al successo della squadra fino a quel momento. Una sconfitta non può cancellare tutto ciò che di buono è stato fatto fino a quell’istante».
Si è mai sentito più solo di così?
«La squadra mi ha supportato, al Liverpool non c’è tempo di fermarsi: subito dopo un obiettivo, ce n’è un altro. Nessuno ha più parlato di quella partita, né in campo né fuori. Nel calcio si volta pagina molto in fretta, il problema è stato più per l’esterno che per la squadra».
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