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Izzo: “Io, cresciuto a Scampia tra fame e malavita. Il calcio mi ha salvato”

Getty Images

Il difensore del Torino ha raccontato alcuni degli aspetti più duri della sua infanzia: "Il rispetto me lo sono guadagnato sul campo"

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Armando Izzo, difensore del Torino, in una lettera affidata alla rivista online "Cronache di spogliatoio" ha voluto raccontare la sua infanzia difficile trascorsa a Scampia: "Le scale della palazzina D erano intervallate da enormi pozzanghere dovute alle infiltrazioni di umidità. Le salivo a due a due con in mano le casse dell’acqua. Erano le consegne che odiavo di più. Quando mio zio, proprietario di una salumeria nel quartiere, mi mandava lì, al decimo piano, era un calvario. Per me la parola alternativa non era contemplata. Quando nasci a Scampia non sai cosa c’è fuori, non vedi altre prospettive. Per me l’unica parola era sopravvivenza.

La maggior parte degli amici con cui condividevo quei pomeriggi in piazza è finita in galera. C’era chi spacciava, altri rubavano. Non li ho mai giudicati e loro mi hanno tenuto lontano da quella vita. Mettevamo due buste per terra e pensavamo al calcio, non c’era tempo da perdere. Le partitelle erano una guerra. C’era di tutto, nessuno voleva perdere. C’erano bambini, c’erano figli di mafiosi, c’erano pregiudicati, e soprattutto c’era tanta competitività. Entrate dure, agonismo puro. Io il rispetto me lo sono guadagnato sul campo. Ero bravo e per questo mi rispettavano. E un posto in squadra per me c’era sempre.

Una cosa è certa: quando nasci senza niente, l’unica cosa che puoi mettere in palio è il cuore. Siamo cresciuti insieme, in strada, ma nelle quattro mura di casa ognuno aveva la propria adolescenza. La mia era devota alla famiglia: quando mia madre era a lavoro, io scaldavo il latte in un pentolino e aprivo un pacco di biscotti. Li mettevo in tavola e quello era il nostro pranzo. Talvolta anche la nostra cena".