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Goggia: “Ho anche io le mie fragilità. Per sfogarmi una bella discesa libera”

Goggia: “Ho anche io le mie fragilità. Per sfogarmi una bella discesa libera” - immagine 1
La campionessa bergamasca di sci alpino si è raccontata, parlando a cuore aperto del suo lato più intimo e personale

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Sofia Goggia, campionessa di sci reduce da 2 vittorie nelle prime 2 gare stagionali, in un'intervista concessa a La Gazzetta dello Sport ha parlato del suo lato più intimo: "Nonostante io sia campionessa olimpica e nonostante, da fuori, gli sportivi di questo livello siano visti come degli invincibili, a volte, ed è il mio caso, presentano delle fragilità incredibili".

Come convivono le "due" Sofia?

"Con fatica. Con alcune parti di me facevo, e faccio tuttora, parecchia fatica a convivere. Ci sono giorni in cui mi sento estremamente inadeguata, e questo è un disagio profondo ed esistenziale che probabilmente mi porto dietro da una vita. Ci ho convissuto ma adesso sto cercando di dare un perimetro e una forma a tutto ciò. Perché quando incappo in questi 'buchi neri', faccio fatica anch’io, e quindi sto imparando a utilizzare gli strumenti per tenere le cose in equilibrio".

È per questo che hai parlato del tuo percorso con una psichiatra…

"Alt, serve una premessa: credo debba essere sdoganato il tabù dello/a psichiatra, se no passa il concetto sbagliato che se un atleta va dal mental coach è per qualcosa di 'leggero', se va dallo psicologo ha qualche problemino in più e lo psichiatra... ti imbottisce di psicofarmaci. Non è così, infatti io non ne ho mai presi. È solo che più in profondità è il lavoro da svolgere e più tu hai bisogno di persone competenti che sappiano darti degli strumenti idonei".

Quali?

"Anche qui premessa necessaria: i 'buchi neri' di cui parlo non sono legati ai risultati. Io vado dalla psichiatra per lavorare sulle mie parti personali, perché io il mio lavoro lo so fare benissimo. Cioè, c’è sempre un margine di miglioramento, dai, però lo so fare".

Quindi?

"Quindi l’essere atleti a questi livelli è una condizione che devi rispettare tutti i giorni dell’anno. Per arrivare a quel punto lì inizi un percorso sin da bambino in cui lavori tantissimo sull’aspetto di atleta tralasciando però la persona che sei. E qui si forma il gap, anche profondo, tra le due dimensioni. Anche perché è molto più semplice costruire l’atleta che non la persona e la sua evoluzione. Insomma, la mia gara è fuori dalla gara".

La religione, per esempio, in tutto questo che ruolo ha?

"Avere fede ti aiuta ad avere fiducia in te, chi vive dentro di sé una fede credo che sia più accompagnato in tutto ciò che fa, anche nell’avvicinarsi al limite, perché non è mai il limite il problema ma come lo approcci".

Quando hai bisogno di sfogarti, che cosa fai?

"Una bella discesa libera, con poche curve e tanta velocità".

Ti basta?

"La realtà è che a, causa del ritmo frenetico della mia vita, talvolta sento di avvicinarmi al limite. E quando sento che sta per succedere, cerco di resettarmi. Così appena arrivo a casa, spengo il telefono, metto le mie cuffie, cerco di stare un po’ dentro me stessa e di prendere le cose con calma. Perché se devo pensare alla complessità di tutte le cose in un solo momento, mi viene l’ansia".

Siamo nel mese delle Feste. Un’atleta come te come le vive?

"Da bergamasca, per me le Feste iniziano con la notte di Santa Lucia, dalle mie parti è un rito importantissimo".

La bambina Sofia come lo viveva?

"Le scrivevo letterine in cui chiedevo regali solo legati allo sci, la tutina, i parastinchi. Poi facevo così: andavo a letto presto perché dicevo: se per caso avessi visto Santa, lei magari non mi avrebbe lasciato niente. E imbandivo la tavola per l’asinello…".