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Egonu: “Avessi un bambino, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Vale la pena?”

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Duro sfogo della pallavolista azzurra, che in un'intervista concessa a Vanity Fair racconta tutti i disagi della sua vita

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Paola Egonu si sfoga. La pallavolista azzurra, nel corso di un'intervista rilasciata a Vanity Fair, ha raccontato i problemi di razzismo che ha subito e che ancora incontra: "A quattro anni ho capito di essere diversa. Ero all’asilo e, con un mio amichetto, stavamo strappando l’erba del giardino: ci facevano ridere le radici. La maestra ci ha messo in castigo. Per tre volte le ho chiesto di andare in bagno. Per tre volte mi ha risposto di no. Alla fine ci sono andata di corsa, senza permesso. Troppo tardi: mi ero fatta tutto addosso. La maestra mi ha riso in faccia: “Oddio, fai schifo! Ma quanto puzzi!”. E, per il resto del giorno, non mi ha cambiata. Ho dovuto attendere, sporca, l’arrivo di mia madre nel pomeriggio. Ancora oggi, 20 anni dopo, fatico a usare una toilette che non sia quella di casa mia".

subisce atti di razzismo fuori dal campo?

«A noi atleti conviene essere diplomatici per non infastidire i club, per non creare tensioni nella squadra. Forse quando smetterò di giocare potrò dire tutta la verità».

Vuole provare a dirla ora la verità? Per esempio, rispetto a quando è stata maltrattata all’asilo, oggi c’è menorazzismo in Italia?

«No. Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei».

Come è possibile, scusi?

«Sa che in alcune filiali si entra attraverso porte girevoli, aperte e chiuse dagli impiegati all’interno? Ecco, a lei non la aprivano. La cosa che mi fa più male è che non si arrabbia neanche: “È normale”, mi dice».

Qualche anno fa ha raccontato che i suoi genitori raccomandavano a lei e ai suoi fratelli: «Vi diranno che i neri puzzano, voi fatevi trovare puliti».

«Ci hanno anche insegnato a non mettere mai le mani in borsa dentro a un negozio per evitare di essere accusati di furto. Ancora oggi, se ho il cellulare in tasca e devo mandare un messaggio, aspetto di uscire».

Di questo governo ha paura?

«Più che altro mi suscita una domanda: perché all’apice ci sono persone insensibili che agiscono per il proprio interesse e non per quello del popolo? Quando ho letto alcune dichiarazioni dei sodali di Giorgia Meloni sull’aborto non ci potevo credere. Se un partito guidato da una donna non hai il coraggio di difendere le altre donne, allora non ci sono speranze».

Se la incontrasse, che cosa le vorrebbe dire?

«La stessa cosa che direi a tanti potenti: quando vedete la vostra gente soffrire, come fate ad andare a dormire sereni?».

Superati gli attacchi d’ansia di cui, in precedenza, ha raccontato di soffrire?

«Non del tutto. A volte ho la sensazione di non farcela più senza capire il motivo. Mi è successo anche ieri, in palestra. Non ero a mio agio, non ero tranquilla».

Ne parla con qualcuno?

«No, ho paura di andare in analisi. Ho paura di tirare fuori qualcosa di grosso e di non saperlo gestire. E io non posso permettermi di stare male perché, comunque vada, devo giocare».

Si vede anche mamma, un giorno?

«Assolutamente sì. Il desiderio ce l’ho da quando sono piccola, ma solo recentemente ho capito che è realizzabile».

In che senso?

«Prima non riuscivo a immaginare che qualcuno potesse volere un figlio con me: non mi vedevo attraente».

Prego?

«Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. E, sa, i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo».

Ora invece?

«Sto imparando che diverso non vuol dire brutto e che, sì, sono un’atleta ma sono anche una donna e che, come tale, posso essere sensuale. Me lo sono persino tatuata sulla coscia».

Adesso è single?

«Sì. Spesso le persone con cui esco mi dicono: “Non sono abbastanza per te”. Ma come, scusa, secondo te io sprecherei il mio poco tempo libero con qualcuno che non è abbastanza? Sarei scema».

Forse mette soggezione.

«Me lo ripetono anche gli amici: “Tu hai un carattere forte, hai ottenuto tanti risultati. Non sei una ragazza normale, puoi intimorire”. Ma io non capisco. Non sono una che se la tira e che dice: “Ehi, guarda che sono Paola Egonu”. Sono una che arriva lì e propone: “Ciao raga, tutto bene? Ci facciamo un aperitivo?”».

Che cosa cerca in amore?

«Una persona sicura di sé, che mi sappia stare accanto senza paura. Possibilmente non uno sportivo».

Perché?

«Perché gli sportivi tradiscono. Sono tutti sposati con figli, poi vai in trasferta e li becchi a fare serata con altre ragazze. Inconcepibile: investi del tempo per creare un legame con una persona, poi ti viene voglia di sc...re e butti tutto nel cesso? È un inferno per noi donne».

Dalla società, invece, si è sentita più accettata?

«Mica tanto: io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Le reazioni, però, non sono sempre state gradevoli. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri. Io dico, cosa vieni a giudicare me, o una coppia omosessuale che cresce i figli con amore, quando è pieno di famiglie tradizionali disfunzionali? È un mondo di m...da, me lo lasci dire. Spero che presto arrivi l’Apocalisse».

Non le sembra di essere un po’ catastrofica?

«Sa che a volte con mia sorella ci chiediamo se sia opportuno per noi mettere al mondo dei bambini?».

Che cosa intende?

«Io so già che, se mio figlio sarà di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?».