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Diletta Leotta: “Attacchi da colleghe? Normale ci sia competizione. Italia-Turchia con Can…”

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Intervistata a Sportweek, la presentatrice Diletta Leotta ha parlato di alcuni aspetti del suo lavoro e della nuova stagione

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Intervistata a Sportweek, la presentatrice Diletta Leotta ha parlato di alcuni aspetti del suo lavoro e della nuova stagione:

Nella squadra arriva anche Giorgia Rossi e già si discute del vostro rapporto… Come va davvero tra di voi?

"Non ci siamo ancora conosciute, ma lo faremo a breve. Io sono felicissima che ci sia anche lei perché è brava davvero e la stimo molto. C’è anche Federica Zilli con cui abbiamo lavorato insieme in questi anni. Mi fa felice che ci siano sempre più colleghe a raccontare lo sport: Dazn ha lanciato un messaggio rosa, da noi le donne sono sempre più protagoniste".

Sente molto la responsabilità di essere diventata nell’immaginario di tutti il volto femminile del calcio?

"La sento, certamente, ma tutto è successo in modo assolutamente naturale. Il calcio per me è pane, è quotidianità, raccontarlo viene quasi da sé… E ripeto, non sono l’unico volto femminile: siamo in tante, sempre di più".

Sul lavoro percepisce ancora un po’ di scetticismo?

"L’ho avvertito sempre: un po’ di maschilismo esiste, inutile nasconderlo, soprattutto nel mondo dello sport. Ma a Dazn siamo già al 40 per cento di donne assunte e l’a.d. Veronica Diquattro vuole arrivare presto al 50. Ecco, sono sempre i fatti che ci fanno andare oltre allo scetticismo: è sul campo che bisogna reagire dimostrando di valere, al di là del sesso".

A volte, però, sono le colleghe donne ad attaccarla…

"In ogni contesto lavorativo è normale che ci sia competizione e voglia di primeggiare, ma con le donne, soprattutto nella mia azienda, io ho un rapporto sempre molto costruttivo. Alle colleghe chiedo consigli o anche solo supporto: tra noi si è creata davvero una bella intesa".

Italia-Turchia, però, è stata anche una sfida in famiglia col fidanzato Can Yaman: avete litigato alla fine, visto il risultato?

"È stato divertente, ma abbiamo vinto noi e quindi tutto tranquillo… C’è una cosa importante, però: non solo Can, ma tutti amano l’Italia e la tifano. Io in giro vedo solo stranieri che adorano la Nazionale e il nostro senso di appartenenza. Questo spirito contagioso lo vedi anche nella squadra di Mancini. La maglia azzurra è davvero speciale, la indossi e scatta la magia. Ci siamo meritati la finale, questa può essere davvero la volta buona".

Ha sui social una platea di quasi 8 milioni di persone: che cosa la spaventa e cosa le piace di quel mondo?

"All’inizio per me non era un mezzo così importante, era solo svago e divertimento. Solo leggerezza. Per quello non mi sono mai soffermata davvero sugli haters: se inizi a leggere tutti i loro commenti, dovresti cancellarti immediatamente. La mia dose di sano distacco mi permette di vivere comunque bene, anche se adesso quando pubblico una foto devo pensarci su: il profilo va gestito un po’ più professionalmente, pensando alle conseguenze. Ma non scordiamoci dei tanti ragazzi che subiscono conseguenze psicologiche dall’odio gratuito che ricevono in rete: a volte penso che servirebbe quasi una patente per stare sui social, come quella per chi naviga in mare".

E se non avesse fatto questa carriera, dove sarebbe ora?

"Sono laureata in Giurisprudenza, sarei nello studio legale di mio padre a Catania. Lui sperava che lo raggiungessi, ma non è mai successo…".

Ma l’identità sicula, etnea, la sente ancora sotto pelle?

"A Conte ho chiesto se si fosse milanesizzato e mi ha detto assolutamente di no. Lui è salentino, punto. Io, invece, un po’ mi sono adeguata a Milano, lo ammetto. Però, allo stesso tempo, sono così felice e orgogliosa di avere radici siciliane e catanesi… Quando torno a casa tutto si ferma, lo stress si azzera e riprendo i miei riti. La granita alla mandorla con l’espresso caldo sopra e una brioche con il coppino: si mangia alla fine, se qualcuno lo tocca prima rischia la vita. O anche la pasta alla norma, che cucino benissimo".

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