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Bonolis: “Quando feci rosicare Pippo Baudo. Lui come Don Chisciotte e Sancho Panza con…”

Bonolis: “Quando feci rosicare Pippo Baudo. Lui come Don Chisciotte e Sancho Panza con…” - immagine 1
Paolo Bonolis, intervistato dal Corriere della Sera, ha ricordato così Pippo Baudo: «Ha fatto come Cristoforo Colombo con le sue caravelle"
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Paolo Bonolis, intervistato dal Corriere della Sera, ha ricordato così Pippo Baudo: «Ha fatto come Cristoforo Colombo con le sue caravelle: ha scoperto un territorio sconosciuto»

Bonolis: “Quando feci rosicare Pippo Baudo. Lui come Don Chisciotte e Sancho Panza con…”- immagine 2

Perché Colombo?

«Perché Baudo è uno dei grandi pionieri della televisione. Lui, Mike, Corrado e Vianello sono le persone che hanno dato forma e misura a un territorio che era sconosciuto da parte di chi lo avrebbe visto, ma soprattutto da parte di chi lo avrebbe costruito e calcato, perché la televisione era un mezzo nuovo e totalmente inesplorato, a cui nessuno — né gli spettatori né i primi conduttori — era abituato».

Che periodo è stato?

«Ricordo il divertimento reciproco, pur essendo diversi: io sempre attratto dall’ironia, lui invece uomo tutto d’un pezzo. Eppure era una persona che sapeva ridere e accettava il fatto che lo prendessi in giro: rosicava, ma non si arrabbiava per non darlo a vedere. Era un gioco tra di noi: io ero il ragazzino di bottega, lui il grande maestro che mi piaceva stuzzicare».

Quando si arrabbiò?

«Per il promo dei "Cervelloni", lo lanciavo come il primo varietà di Rai1 senza Pippo Baudo. E questa cosa un po’ lo fece arrabbiare perché lui all’epoca conduceva praticamente tutto».

Lei lo pungeva spesso.

«Una volta anche a "Scommettiamo che?" da Fabrizio Frizzi. Baudo si è messo al pianoforte mentre io avevo le cuffie insonorizzate: dovevo capire cosa stesse suonando dal movimento delle dita. Quando tolsi le cuffie la buttai lì: hai suonato "Donna Rosa", sempre quella suoni. Lui rise. Altri tempi. Ci si poteva divertire in una televisione che non aveva ancora quei rigori di affettazione che la legano oggi. Era un uomo educatissimo, di cultura siciliana, quasi austero: faceva un certo effetto vedere una leggerezza così ben vissuta in un uomo così rigoroso».

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Baudo ha navigato in 60 anni di televisione.

«Pippo ha cavalcato diverse epoche della tv. Ha cominciato come pioniere e ha proseguito come colono, ma allo stesso tempo è rimasto sempre attuale nell’epoca in cui si è espresso: appartenere a una generazione ma riuscire a essere contemporaneo anche con le altre nel passaggio dei decenni vuol dire saper fare quel mestiere e saper distinguere bene il loglio dalla crusca».

Tredici Sanremo, un record.

«Mi colpiva la sua figura ieratica: un uomo lungo lungo che si muoveva in maniera vagamente disarticolata eppure riusciva a rimanere elegantissimo. I suoi Sanremo sono figli anche di un periodo nel quale era legittimamente il più in gamba nel poterlo fare per la capacità narrativa, per la conoscenza musicale, per i rapporti con le case discografiche, per la consuetudine con i dirigenti. Quei Festival li ha fatti tutti tremendamente bene».

Come si muoverebbe nella tv di oggi?

«Oggi ci sono due realtà. C’è la realtà della televisione ma c’è anche la realtà della rete. E in questa battaglia tra il bene e il male emergono figure nuove. Questa forse non sarebbe stata la sua epoca perché mi sembrava più un uomo di verità che di verosimiglianza».

Il punto di forza qual era?

«Innanzitutto non era solo un conduttore, ma soprattutto un organizzatore di prodotti. Questo fa la differenza, perché nel momento in cui ciò che fai ti appartiene perché lo hai disegnato, lo hai scritto e lo hai impostato, la narrazione diventa molto più facile e sicura. E infatti chi guardava le sue trasmissioni, ma anche chi partecipava, avvertiva un senso di sicurezza per come teneva le redini. Il cavallo non se ne andava per i fatti suoi, andava esattamente dove il cavaliere voleva che andasse».

Rispetto a quei quattro pionieri lei ha guardato più a Corrado e Vianello. Baudo quale esempio le ha dato?

«Il senso di responsabilità nei confronti del prodotto del quale si va a far parte. Perché in quelle poche volte che ho lavorato con lui ho visto l’attenzione certosina che metteva su ogni singolo aspetto del progetto che costruiva».

Il Festival, «Domenica in», «Fantastico» sono stati le sue vette: se deve scegliere un programma «minore»?

«Penso a "Papaveri e papere" che condusse con Magalli, lì l’ho visto leggero e spensierato, era un programma che si divertiva molto a fare. Con Magalli erano una coppia ben assortita, come Don Chisciotte e Sancho Panza».