“Agitato? Stanotte alle 00:00 usciva il pezzo e mi sono guardato una serie di Bin Laden. Ahahahah”. Comincia così l’incontro tra Wad e Fabri Fibra, di fronte alle telecamere de “Le Iene”, a distanza di anni dalla sua ultima intervista tv. Nel servizio di Riccardo Spagnoli - in onda stasera, in prima serata, su Italia 1 - Wad ha analizzato insieme al rapper il suo ultimo lavoro discografico, seguendolo anche dietro le quinte del videoclip, proprio nel giorno dell’uscita del singolo.


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Fabri Fibra: “Il senso del mio ultimo pezzo? L’invidia sociale. Gli altri stanno meglio di te e…”

A tre anni dal suo ultimo album, il rapper torna con Che gusto c’è, il singolo che anticipa Mentre Los Angeles brucia, il nuovo disco che promette di scuotere la scena musicale italiana. Un ritorno che non passa inosservato: Fibra riaccende il microfono con un brano che mette a nudo l’ossessione contemporanea per il successo, dove tutto si misura in numeri, visibilità e apparenza. “Posti una foto di un sold out e il tuo post viene schiacciato dal post dopo di Tizio che ha fatto tre forum sold out. Fai il tuo umile disco d’oro e arriva subito un triplo disco di platino di qualcuno. E lì per lì dici che doveva essere una bella giornata ma adesso mi sento un perdente.” Ma come nasce una hit firmata da uno dei rapper più iconici e longevi della scena italiana? E qual è il pensiero o il messaggio preciso che c’è dietro quelle rime che sembrano semplici giochi di parole? “Tutte le rime devono riportare a quello che dice il ritornello, per creare la logica.”.

Entrati nello studio di registrazione Fibra racconta: “Allora, questo è lo studio figo, lo studio dei campioni, vieni qua quando sai che quello che hai fatto diventerà ufficiale. Quindi io scrivo e registro nello studio da me, che è un po’ più palestra.”
Wad: E lì sei solo?
Fibra: “Dipende. Io inizio ad aver voglia di mettermi alla prova con gente che collabora con i più grossi cantanti del pop e portare il rap in quel campo da gioco lì.”
Un’ambizione che Fibra ha maturato nel corso di tutta la sua carriera, nata con il rap crudo e introspettivo degli esordi, e cresciuta di continuo, alla ricerca di uno stile che si è adattato nel tempo, per raccontare i corto circuiti della nostra società. Un rap che osserva e smaschera, su cui Fibra riflette: “Perché il rap ha successo? Perché è il racconto di quello che sta succedendo là fuori. Io adesso non potrei scrivere quello che scrivevo a vent’anni, posso cantare quello che scrivevo a vent’anni, ma non mi manca dire certe cose. La sfida è dire qualcosa che ancora non ho detto. Quindi è sempre un po’ un mettersi in gioco.”. Non soltanto cercando parole nuove, ma anche suoni. Così Fibra ha chiamato due tra i producer più ambiti dal mercato: Zef e Marz. Fibra lo spiega: “Quando vuoi allargare il campo d’azione ti serve mischiare le energie. Nel caso di Che gusto c’è la base è di Zef e Marz.”. I due vantano collaborazioni con Marracash, Guè, Marco Mengoni. Il ritornello invece è firmato da un altro grande nome: Davide Petrella. Fibra dice: “Per me Petrella, degli autori, è il fo**uto numero uno, proprio il migliore.” Anche sua, infatti, è la firma su molte delle hit più sentite degli ultimi anni, da Lazza passando per Cremonini, Jovanotti, Mahmood. Fibra: “Lui riesce a fare questi ritornelli dove crea una sensazione. E poi c'è sempre un claim, e il claim qua era ‘Che gusto c'è’. Quindi il processo è: prima la parte strumentale, poi l’autore, e poi arrivi tu che confezioni tutto quanto? “Sì, il rap arriva alla fine perché cerca di far tornare i conti.”

E quel rap nasce da scintille improvvise, come un incontro o una battuta in taxi:
Fibra: “Quando ho scritto la prima strofa, la prima cosa che volevo fare era una strofa di ritorno. E una cosa che mi succede ultimamente, dopo un po’ che non ti fai sentire, prendi un taxi e il tassista ti fa: ‘Ma sei Fabri Fibra? Ma tu sei il migliore! Ma a questi qua gli devi fare il cu*o! Devi tornare! Fare un pezzo che spacca!’”. Da lì l’idea prende forma. Fibra: “Ho detto: beh questo è un pezzo che passa in radio, faccio la strofa per il tassista e dico: è un’ossessione, signori e signore, rap italiano, Pizza, Briatore, crazy, ci penso ormai da mesi’, e dico al tassista: ‘questi rapper me li mangio!’. Ma tutta la strofa doveva cercare di attaccarsi a quello che già avevo, cioè con il pezzo di Petrella che diceva ‘uh, voglio fare il contante’. Quindi devo attaccarmi con qualcosa che parli di soldi, di monetizzare. Quindi: ‘è da un po' che non fatturo, faccio un bilancio. Canto da solo, non come il Volo che divide per tre, bracciali d’oro, vai col coro’, e dico: ‘dovrebbe funzionare!’. Quel tassista? Fondamentale.”
Un rap che nasce da esperienze vere. Wad: Quando parli di quel bisogno che hai di fatturare, è qualcosa che è successa davvero?
Fibra: “Io vengo da un anno in cui mi sposto da un disgraziatissimo affitto a un altro, senza pace. Becco questi appartamenti dove dopo tre mesi sono costretto a scappare. O perché litigo con i condomini, o perché litigo con l’amministratore, non tanto per la musica alta ma ci litigo, e quindi scappo! Ho seminato caparre in giro per tutta Milano! Ho speso così tanti soldi in questi spostamenti, adesso sono al terzo trasloco in un anno. Milano è così, una città fondata sull’affitto e sulle caparre! E credo che quella barra lì l’abbia fatta nel periodo in cui ho firmato l’ennesimo contratto che mi fregherà.” Poi, la svolta. Fibra: “Chiamo Zef in studio e gli faccio sentire la mia prima strofa. E lui fa quella cosa che fa quando un pezzo funziona.” E pensare che quel pezzo rischiava di finire nel dimenticatoio. Fibra: “Quasi questo pezzo non lo volevo fare, perché attaccava con questo ritornello che prendeva tutta la canzone e non riuscivo più a legare le rime. (…) Il ritornello deve essere un concetto, ma durava tanto quindi lo abbiamo tagliato e spostato alla fine. Io scrivo sempre sulla base.”.

Scrivere, per Fibra, è un atto continuo, pieno di idee che spesso restano chiuse in una nota nel telefono. Fibra: “Vuoi vedere quante note ho nel telefono? Rimangono lì. Ho scritto questo: ‘Morto un papa, ne fumo un altro.’ Credo che non la userò mai.” E poi un’altra: “Lei mi scrive in privato, dice: dobbiamo tornare a vederci. Pensa che volo col privato, mi sono privato di mille momenti. Ma rimane lì perché in realtà non ci sarà mai una base che ti fa dire esattamente questo. È la base che ti suggerisce che parole ci stanno bene sopra.”
Wad: Ma il senso del pezzo? Se volessi raccontarlo “facile”?
Fibra: “L’invidia sociale.”. ‘Che gusto c’è’ che gli altri stanno meglio di te, mentre la tua vita viene costantemente sminuita dai risultati degli altri.”
Wad: Vale anche per te, per che sei Fibra?
Fibra: “Sì. Poi devo mettere a fuoco questa cosa. Cioè, è solo una questione di numeri. Perché in realtà il mio successo è riuscire a fare quello che volevo fare, e farlo bene. Poi mi dico: Non vai a Sanremo, non ti metti in certi contesti in cui ti possono dare più esposizione. Ti vesti sempre con gli stessi quattro ca**o di vestiti. Hai sempre la felpa scura. Non mi metto in gioco come gli altri che magari osano di più. Anche quella è una scelta. Ti dico: per le scelte che ho fatto, quello che ho ottenuto mi va bene.”.
E non è poco. In oltre vent’anni di musica, Fabri Fibra è stato dissacrante, ironico, tagliente. A volte forse anche esagerato, ma è riuscito a raccontare il disagio di una intera generazione, raccontare i paradossi del nostro Paese, portando il rap persino al TG della sera.
Fibra: “Dipende da quanto vuoi diventare quello che racconti. C’è gente che parla di droga dall’inizio alla fine dei testi ed è costretta a drogarsi per reggere la credibilità, e poi li vedi che si sgretolano. C’è gente che ha le sentenze in tribunale che è in galera per poter raccontare quella vita lì. O quelli che ti fanno vedere il cash in mano, arrivano con ventimila euro, poi devi pagarti le guardie del corpo per andare in giro. Io ho voglia di andare in giro per Milano con le guardie del corpo?”
Poi si torna a parlare del singolo. In Che gusto c’è, una delle scelte più interessanti è la collaborazione con Tredici Pietro, classe 1997, all’anagrafe Pietro Morandi. Figlio d’arte nonché uno dei rapper più promettenti della sua generazione. Sua è la voce nel ritornello. Fibra: “A livello musicale il ritornello lo potevano cantare anche altri dieci cantanti, ma chi è che ha la credibilità per dire ‘voglio fare il cantante’? Di sicuro non chi ha vinto Sanremo, per dire, perché il contante lo ha fatto lì. Mi serviva qualcuno che avesse fame, sia di ambizione, di fare carriera... ma anche fame di soldi.” Nel videoclip Tredici Pietro interpreta l’antitesi dell’uomo di successo: quello che aspira a diventare qualcuno prendendo come esempio chi invece ce l’ha fatta.
Sul set del videoclip il ragazzo racconta: “Fabri Fibra è stato proprio l’inizio della passione per il rap. A scuola, dopo pranzo, cantavo Applausi per Fibra. È il mio pezzo preferito. Se ci avessi mai pensato? (di fare una collaborazione con Fibra, ndr.), neanche mai sognato! Sono quelle cose che dici: ‘quella cosa non la farò mai’. Pensavo che Sony Music mi stesse prendendo in giro!”.
Fibra: “Quando Tredici Pietro ha fatto il ritornello, ho detto subito: ‘è lui.’, prima scelta. (…) Nella seconda strofa sono partito con la frecciatina un po’ ai panettoni, ogni riferimento è puramente reale, è lì davanti a tutti.”
Wad: In generale, quanto è importante che ogni parola che dici nella canzone corrisponda ad un fatto che ti appartiene?
Fibra: “Il cento per cento. Io ho un profondo bisogno di credere a quello che ascolto. Applausi per Fibra è un pezzo del 2006 ma riuscirò a dirlo per sempre, perché credo in quello che ho detto. Quindi se già tu sei un rapper che mi dici, ad esempio, ‘mi sta sul ca**o la Lamborghini’ e poi ce l’hai io non ti credo.”
Wad: Ti sei chiesto come mai le generazioni di oggi abbiano tutto questo desiderio di esagerata ricchezza?
Fibra: “Perché quello che vedi è quello che vuoi. Il capitalismo ha una responsabilità, siamo tutti parte di una follia collettiva, però non è mai la musica la causa perché è lo specchio di quello che succede. Se ne fosse la causa non avrebbe successo.”
Il video mostra momenti di vita quotidiana alternati a sequenze di energia pura, perfettamente in sintonia con l’umore della canzone. Fibra: “Mi piace il pezzo, sono contento”.
Wad: Una cosa che ha caratterizzato la tua musica da sempre è una sorta di insoddisfazione cronica, ce l’hai ancora?
Fibra: “Questa è una domanda molto profonda. Io fatico molto per fare quello che faccio, non è così facile. Quando vedi gli altri che riescono ti dici ‘voglio essere anche io lì’, quando metti in moto tutto quello che ti porterà lì ti rendi conto che è veramente un casino gestirlo e allora ti chiedi ‘ma chi me l’ha fatto fare?’. Ti sto parlando di due me, uno che è ambizioso e l’altro nell’atto pratico che fa fatica a convivere con quel me ambizioso, quindi ho questo scontro.”
Wad: Vivi una competizione con la nuova generazione di rapper italiani?
Fibra: “Musicale, ma umanamente parlando so del mio valore, sono all’undicesimo disco quindi, vediamo di questi chi arriva all’undicesimo disco! Questa è la risposta che mi do. Credo nell’immortalità del ricordo che ti dà una canzone".
(Fonte: Mediaset)
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