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Getty Images
Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Angelo Pagotto ripercorre la sua carriera. L'ex giocatore ha dovuto affrontare momenti non facili. "Alleno i portieri della Pistoiese, qui giocai la mia prima stagione tra i pro’. Per il resto, sto alla grande: mi sveglio all’alba, faccio il bagno nei laghi e mi dedico alla meditazione. Prima della Pistoiese ho lavorato a Prato e all’Avellino in Serie C, dopo la fine della squalifica".
"Mi sono reinventato, ciò che avevo guadagnato non c’era più. L’ho sperperato e non so nemmeno come. Ho lavorato due anni in Germania come cuoco e pizzaiolo, poi sono andato in Liguria, dove vivono i miei due figli. Mia sorella mi trovò un posto come magazziniere in un’azienda. Lì ho conosciuto Carolina e la mia vita è ricominciata".
"Era il 1995. Si fecero sotto Sampdoria e Juventus. A Genova c’era Zenga, ormai a fine carriera, mentre in bianconero c’era Peruzzi, titolare fisso. Io volevo giocare e rifiutai la Juve. All’epoca comandava lui, dopo la prima squalifica venivo scartato da tutti i club di A".
"Sì, che cazzata, lo posso dire. Il presidente avrebbe costruito la squadra su di me, ma dopo le prime partite il Milan si presentò con un precontratto e io accettai. Psicologicamente ero già a San Siro, avevo 22 anni: avrei mai potuto rifiutare?".
"Al Milan. Lì bruciavo 30 milioni di lire al mese senza accorgermene: cene, vestiti, serate".
"Un’ingiustizia. Andai a fare il test con un altro compagno del Perugia e con due della Fiorentina. La provetta con l’urina fu scambiata: ci rimisi io".
"Nomi non ne faccio".
"Lì fu un errore. Ero a Crotone, lì c’era chi usava sostanze. Mi chiesero di provare una prima volta e dissi no, poi la seconda, la terza… alla quarta ho ceduto, ma solo quella volta. Dopo ho sofferto di depressione, era difficile accettare che mi fosse capitata una cosa simile. Mi sono fatto aiutare".
(Gazzetta dello Sport)
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