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Acerbi a Verissimo: “Non ero un alcolizzato, prego per le mie cose. Calcio? Volevo smettere”

Acerbi a Verissimo: “Non ero un alcolizzato, prego per le mie cose. Calcio? Volevo smettere” - immagine 1
L'intervista al difensore dell'Inter
Redazione Golssip

È un Francesco Acerbi profondamente commosso quello che ha partecipato come ospite alla trasmissione di Verissimo. Alle domande di Silvia Toffanin il giocatore dell'Inter ha risposto con sincerità e qualche lacrima, nei momenti più profondi dell'intervista: "Leone? È  venuto fuori da un mio caro amico di Pavia, da lì è nato tutto. Un po' mi ci sento. Un animale molto solitario che però sa quello che vuole. Un po' mi ci rivedo. Mio papà? Lo devo sempre ringraziare perché ci teneva molto a me, anche troppo. Lui non sapeva neanche cosa fosse il calcio. Voleva che facessi il calciatore, da bambino la passione la devi lasciare crescere. Lui era molto protettivo, esigeva molto. Se non facevo bene non andava bene. Ho perso anche la voglia di giocare e pensavo ad altro. Lui non voleva arrendersi e quindi mi ha portato a non arrendermi. Mi ha portato fino a dove sono arrivato oggi. Non gli ho mai detto ti voglio bene (scoppia a piangere, ndr). Con il senno di poi è un rimpianto. Se ne è andato quando avevo 24 anni? Peccato. Sapevo che aveva una malattia al cuore, che dopo i 40 avrebbe avuto difficoltà. Poi quando accade non sei mai pronto. Lì è stata dura più nel tempo. Più dopo. Una volta ho fatto un sogno dove c'era lui, era molto bello, prima di una partita ho pianto due ore. Poi mi sono liberato, è stata una bella emozione".

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Abuso di alcol - "Non ero un alcolizzato. Mi piaceva divertirmi e il calcio passava in secondo piano. Avevo deciso di smettere due volte di giocare. Non ero depresso, volevo smettere. Non ci stavo più dentro, non riuscivo più a dare quello che potevo dare. Perché lo faccio? Facevo serata con tanti giovani. Poi il calcio ci andavo perché dovevo, per scacciare i pensieri. Prima della seconda malattia, era questo periodo. L'ho presa abbastanza male, la prima volta. Non avevo sintomi, esami del sangue con valori sballati. Al San Raffaele mi hanno rassicurato, mi hanno tolto un testicolo. 4 settimane e torni in campo. E poi la recidiva, dopo qualche mese. Facevo l'antidoping. Da lì non me lo aspettavo, iniziai le chemio il 7 gennaio fino al 14 marzo. Tutto è venuto dopo la fine del campionato. Finito il campionato vado in vacanza, da lì senza un perché mi sveglio e decido di togliere i superalcolici. Avevo voglia di allenarmi, non sembravo più io. Nel giro di tre settimane non l'ho più toccato".

Acerbi a Verissimo: “Non ero un alcolizzato, prego per le mie cose. Calcio? Volevo smettere”- immagine 3

In preghiera - "Alzo le mani al cielo, prego le mie cose che sono tante. Lo faccio, è venuto da sé. Se non lo faccio non sto bene. Penso a tutto. A mia moglie, ai miei figli, a mio padre. Claudia ha ragione che il calcio è l'ago della bilancia. Nella mia strada ho incontrato lei, sono un uomo abbastanza pesante sulle mie cose. Mi sopporta. Devo chiederle anche scusa, ogni tanto. Pesante perché il calcio comunque è la mia priorità. Sono un po' solitario, quando sono un po' incavolato lasciatemi stare. Penso tanto. Mi demoralizzo. So sempre cosa è giusto fare. Il calcio ti toglie tanto, ti prende tante energie. A volte devi capire sti cavoli, c'è anche la famiglia".

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Nazionale - "Se ci andrei ancora? Ma tutta la vita. Non ho mai rifiutato la Nazionale. Ho rifiutato la convocazione con la Norvegia. Spalletti non mi ha chiamato per un anno, nessun problema. Gattuso se non mi vuole non è un problema. Il mister è pagato per scegliere. Per una serie di motivi ho deciso di non andare per la partita con la Norvegia. Non era giusto per quello che aveva detto e per tante vicissitudini. Chi se ne frega se mi ha fatto chiamare vecchio. A 37 anni sono troppo grande per il calcio? Per gli altri, per me no. Possono dire che sono vecchio, da buttare. Se avessi ascoltato tutti avrei smesso a 21 anni. O forse non avrei mai iniziato":