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Pellegrini: “A Tokyo per la prima volta in pace con me stessa. Per le donne…”

Getty Images

L'ex nuotatrice azzurra, oggi membro del Cio in rappresentanza degli atleti, si trova a Pechino per le Olimpiadi invernali

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Arrivata a Pechino in veste di membro Cio in rappresentanza degli atleti, Federica Pellegrini ha parlato a Repubblica della sua nuova vita fuori dalla piscina e delle disparità tra uomini e donne nello sport e nella politica.

Nessuna nostalgia dell’altra parte del campo?

"Mi arriva di solito il sabato mattina, ma dopo un paio di ore mi ricordo perché ho smesso. Dopo una settimana di impegni, il week end sono libera e mi dico che è il momento di fare un po’ di attività fisica. Vado in piscina con Matteo Giunta, mio allenatore e prossimo marito, mi unisco al suo gruppo bellissimo e di cui sono un po’ invidiosa, ho voglia di quel tipo di compagnia, buttarmi in acqua con loro mi viene facile. Nonostante non nuoti da due mesi, mica mi faccio un bagnetto, se entro in vasca seguo gli allenamenti dei nuotatori. Ma poi finisce che sono morta e sepolta e mi è chiaro perché è finita".

Per lei è stato un lungo addio.

"Se a Pechino è legato il mio pensiero felice, devo dire che Tokyo è stata l’Olimpiade che mi sono goduta di più, in ogni momento e sotto ogni aspetto, delle Cinque cui ho partecipato. Per la fatica di qualificarmi e arrivarci, la paura di non farcela.È stata una lotta contro il tempo, il virus, l’allungamento imprevisto della fine. I due anni più difficili della mia carriera, come ho cercato di spiegare nel docu-film Underwater mostrando il dietro le quinte di quel periodo tremendo. Per questo, raggiunto il mio obiettivo, mi sono sentita davvero serena per la prima volta e in pace con me stessa".

Le sportive sono discriminate?

"Andando avanti nella carriera le donne hanno meno occasioni e non solo nello sport. Abbiamo visto i numeri di Tokyo: stessa percentuale di atleti presenti e medaglie vinte tra un genere e l’altro. Il problema è quando poi guardi alle colonnine che misurano la presenza di donne e uomini in altre posizioni, dagli ufficiali gara, ai presidenti delle federazioni e dei comitati olimpici agli allenatori. Fa impressione: solo il 10 per cento sono donne. Cosa succede tra il prima e dopo? Leggendo questi dati pensavo anche al mio nuoto: al livello di base, diciamo per un Assoluto, in Italia a bordo vasca si vede soltanto un 5% di allenatrici. E salendo nelle categorie competitive, a cascata diminuiscono".

Al Quirinale non salgono.

"In fondo al cuore speravamo in tanti che fosse una donna questa volta, ma forse non siamo pronti purtroppo. Eppure forse qualche nome poteva esserci. In una società che ha sempre visto solo uomini al vertice, non è facile farsi strada. Io non sono per far passare le donne avanti, credo che l’argomento debba essere sempre quello meritocratico, questo mi ha insegnato lo sport. Allo stesso livello di competenze, così come di prestazioni sportive, tutti dovrebbero essere valutati allo stesso modo e avere le medesime opportunità. Invece le donne si trovano a un certo punto davanti a un bivio che gli uomini non incrociano: famiglia o carriera. Se alle Olimpiadi abbiamo ormai raggiunto la parità di genere, come mai poi non troviamo donne tra i coach e altre professioni? Serve dare loro supporto e formazione. Il mondo femminile è più complesso, ma non è una buona scusa per lasciarlo sempre come ultimo argomento".

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