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Federer: “Non vorrei essere ricordato solo per le mie vittorie. Con Oldani ci siamo…”

L'intervista del tennista a Vanity Fair

Redazione Golssip

Roger Federer, come tutti i campioni, non si accontenta delle vittorie conquistate. Dei suoi progetti e della sua ambizione ha parlato nell'ultimo numero di Vanity Fair: "Godermi la fama? La mia motivazione deriva dalla mia passione per il gioco in sé. Il fatto è che mi piace ancora allenarmi e lavorare per innovare il mio modo di interpretare il tennis. Ho la grande opportunità di giocare in così tanti luoghi differenti e di farlo nelle arene sportive più importanti: è una sensazione che amo e che spero di poter provare ancora a lungo. E poi ci sono il mio team, la mia famiglia, i miei fan. Il loro affetto è incredibile e di sicuro mi ha spinto ad andare avanti, ben oltre i trent’anni".

Perdere non è un problema: «Bisogna saper guardare oltre le sconfitte. Un tennista ne deve affrontare parecchie nella propria carriera, perciò impara a costruirci qualcosa intorno, a ricavarne uno stimolo per migliorarsi. Senza contare che il nostro è uno sport che ti offre tante occasioni per riprovarci, per andare oltre. Non ha senso rimuginare troppo su una batosta, nella vita c’è sempre una opportunità di fare bene. Questa è una grande lezione, uno degli aspetti del tennis che più amo. Altre lezioni? La disciplina, la concentrazione e la pazienza. Da ragazzo, ho buttato via un sacco di partite perché ero troppo impulsivo. Mi sentivo frustrato e alla fine mi facevo lo sgambetto da solo. Disciplina e pazienza sono due qualità preziose, a prescindere dal lavoro che si fa, e spero tanto di riuscire a trasmetterle ai miei quattro figli».

Sul set con Davide Oldani? «Ho scoperto che stare in cucina può essere divertente. E che usare coltelli affilati richiede concentrazione e ritmo. Ho davvero tagliato i pomodori, cucinato la pasta e preparato il sugo. Ho solo avuto una controfigura quando si trattava di tritare velocemente le verdure: visto che sono ancora un giocatore in attività, proprio non potevo rischiare di tagliarmi un dito! Non conoscevo Oldani, ma quando ho letto del suo lavoro sono rimasto molto colpito e credo che abbiamo molto in comune. Siamo entrambi appassionati dei nostri due mestieri. Diamo sempre il meglio, da professionisti, ma senza tralasciare un tocco di leggerezza e di humour. Insieme ci siamo divertiti per davvero e secondo me si percepisce».

Come si nutre un atleta? «Cerco di nutrirmi in modo bilanciato e di sperimentare cucine differenti nei giorni in cui non devo giocare. Vado matto per i ristoranti italiani, giapponesi e indiani, mentre d’inverno mi piacciono tantissimo la fonduta e la raclette. Due ore prima di ogni match mangio un piatto di pasta con una salsa leggera e non lo dico solo perché adesso sono nella campagna di Barilla. Sono vent’anni che mi regolo così, ecco perché questa partnership per me è autentica, reale».

Dopo la strana coppia Federer-Oldani, c’è qualche altro incontro impossibile che le piacerebbe fare?

«Se avessi la macchina del tempo, vorrei scendere in campo contro Björn Borg, è stato un giocatore così elegante e completo da fondocampo. Mi ha fatto da capitano nel 2017, durante la prima edizione della Rod Laver Cup. È stato super, abbiamo parlato a lungo e mi sono fatto raccontare com’era il tennis ai suoi tempi. Ho fantasticato su come sarebbe stato battersi con lui».

Dicono di lui: il migliore di tutti «Sì, ma io non vorrei essere solo ricordato per le mie vittorie. Spero che in futuro la gente pensi a me come un buon ambasciatore del tennis, del mio Paese e della mia famiglia anche al di fuori del campo. Vorrei contribuire a diffondere lo spirito di questo sport anche in luoghi lontani dal tennis. Condividerne la bellezza con persone che prima non lo conoscevano è qualcosa che mi rende felice»

(Vanity Fair)